Il numero di interruzioni volontarie di gravidanza in Italia continua a scendere: ad oggi i tassi di abortività nel nostro Paese sono tra i più bassi al mondo.
I dati
A giugno gli Stati Uniti hanno mosso un passo indietro rispetto alla storica sentenza sull’aborto. In Italia, invece, sembra che la questione stia lentamente andando avanti.
Il diritto all’aborto era una conquista civile: ora gli Usa riscrivono la legge
Secondo quanto riportato dall’ANSA, all’interno dell’ultima Relazione del ministro della Salute al Parlamento si evince che nel 2020 gli aborti in Italia sono stati poco più di 66mila. Circa il 9,3% in meno rispetto al 2019 e circa un quarto in meno rispetto al picco massimo di 234mila registrato nel 1983.
Secondo i dati della Relazione, l’Italia è oggi tra i Paesi con i più bassi tassi di abortività al mondo. Si parla 5,4 interruzioni ogni mille donne tra i 15 e i 49 anni (-6,7% rispetto al 2019). La fascia di età in cui si registrano tassi più elevati è quella compresa tra i 30 e i 34 anni (9,4 per mille), mentre sono le ragazze più giovani (under 20, ndr) quelle in cui si è registrato il calo più importante: -18,3%, con un tasso di abortività passato dal 3,7 per mille del 2019 al 3 per mille del 2020.
Accanto a ciò cala anche, seppur lievemente, la quota di ginecologi obiettori, che, però, si attestano comunque intorno al 60%. Parlando di dati, nel 2020 la percentuale di ginecologi obiettori su scala nazionale è, infatti, scesa al 64,6% rispetto al 67% dell’anno precedente.
Un po’ di storia
L’interruzione volontaria di gravidanza è regolata dalla Legge 194 del 22 maggio 1978, in base alla quale ogni donna può abortire «entro i primi 90 giorni (12 settimane) di gestazione per motivi di salute, economici, sociali o familiari». Tutti fattori che, quindi, dipendono dalla volontà della donna.
Tale legge è stata preceduta dal Referendum sull’aborto del 17 maggio 1978, anticipato a sua volta dalla sentenza n.27 della Corte Costituzionale che, il 18 febbraio 1975, stabilì che «non esiste equivalenza fra il diritto non solo alla vita ma anche alla salute proprio di chi è già persona, come la madre, e la salvaguardia dell’embrione che persona deve ancora diventare».