mercoledì, Aprile 30, 2025
spot_img

Maternità cercasi: patologie endometriali ed infertilità

Le patologie endometriali sono causa frequente e spesso misconosciuta di infertilità. L’infertilità, notoriamente, è la condizione per la quale, dopo 12 mesi di rapporti sessuali non protetti, la coppia non riesce a procreare.

La sterilità è una condizione che riguarda il 10-15% delle coppie in età riproduttiva. Si pensi che in Italia ogni anno 500mila coppie chiedono un consulto per infertilità.

Tra le cause di infertilità femminile classicamente riconosciute troviamo:

  • Al 40% mancanza di ovulazione.
  • Al 40% patologia tubarica, uterina e pelvica.
  • Al 10% malformazioni anatomiche o patologia tiroidea.
  • Al 10% cause inspiegate

In realtà, da diversi anni il ricorso sempre più rilevante alle tecniche di procreazione medico assistita (PMA) – e, in particolare, alle tecniche in vitro – ha sollevato domande interessanti. Perché il tasso d’impianto nelle donne che ricevono un transfer di più embrioni qualitativamente perfetti è solo di circa il 50%? Perché il tasso d’impianto per embrione è inferiore al 20%?

In parte, la risposta a queste domande arriva dai risultati dello screening genetico preimpianto effettuato sulle blastocisti (embrioni alla quinta giornata di sviluppo), che ci dimostrano come molti embrioni morfologicamente perfetti siano portatori di anomalie cromosomiche incompatibili con l’impianto e con l’evoluzione della gravidanza.

Ciò nonostante, i ripetuti fallimenti d’impianto in pazienti sottoposte a trasferimento in utero di embrioni di buona qualità, o addirittura sottoposti ad analisi genetica positiva, aprono la strada ad altre ipotesi di infertilità, fra cui la sterilità endometriale.

L’endometrio è la mucosa che riveste internamente l’utero ed è implicato attivamente nell’impianto dell’embrione: un tessuto per la maggior parte del tempo refrattario all’impianto. Una sua differenziazione o proliferazione anomala può determinare in ambito riproduttivo il fallimento del processo d’impianto embrionale o l’interruzione di una gravidanza avviata.

Il processo grazie a cui la blastocisti si attacca all’endometrio e vi si annida è molto complesso dal punto di vista endocrinologico e biomolecolare: dipende dalla corretta realizzazione di una complessa serie di eventi.

L’impianto inizia con la fecondazione dell’ovocita e termina con la formazione dei villi placentari e la costituzione di una placenta strutturalmente e funzionalmente matura. Esiste una finestra d’impianto endometriale, cioè un periodo temporalmente limitato nel quale l’endometrio consente l’impianto della blastocisti: la sua durata è di 3-4 giorni, tra il 16° ed il 20° giorno in un ciclo regolare di 28 giorni. La presenza di spotting (piccole perdite ematiche) in fase periovulatoria o premestruale deve sollevare il sospetto di una disfunzione ormonale o di una patologia endometriale, come l’endometrite.

Con l’ecografia transvaginale è possibile valutare due aspetti macroscopici dell’endometrio che cambiano durante il ciclo ovarico, quali lo spessore e l’ecogenicità. Se alla base del problema abbiamo, però, un difetto strutturale dell’endometrio, è necessario ricorrere ad una biopsia endometriale, procedura ambulatoriale di facile esecuzione e di importanza fondamentale.

Negli ultimi anni, all’analisi delle caratteristiche istologiche si sono affiancate quelle molecolari, come la ricerca delle plasmacellule e dei natural killer. È anche possibile procedere a test estremamente precisi, in grado di evidenziare difetti dei recettori e delle molecole coinvolte nello sviluppo endometriale e nel “colloquio” fra endometrio ed embrione. Grazie a questo tipo di indagini, è oggi possibile evidenziare problematiche che impattano la recettività e portano a subfertilità o infertilità endometriale. In questo modo, si può individuare la strada per una possibile correzione del problema.

Le tecniche di PMA (o procreazione assistita) comprendono tutte le metodiche – chirurgiche, ormonali, farmacologiche o quant’altro – che permettono di aiutare gli individui a procreare.

Il termine “spotting” deriva dall’inglese “to spot”, ovvero “macchiarsi”. In ambito ginecologico indica la perdita di piccole quantità di sangue fuori dal contesto del normale ciclo mestruale.

Articolo a cura della

Dott.ssa Giulia Colombo – Ginecologa

Articoli correlati

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Ultimi articoli