giovedì, Febbraio 13, 2025
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Intervista ad Andrea Lo Cicero: “Barone” nel rugby e nella vita

Qui Salute Magazine intervista il barone Andrea Lo Cicero

Soprannominato “Barone” per via delle sue ascendenze nobiliari, Andrea Lo Cicero è stato uno dei rugbisti italiani più apprezzati della sua generazione, vantando 103 presenze nella nazionale italiana, con la quale ha preso parte a quattro edizioni della Coppa del Mondo di rugby.
Terminata la carriera sportiva è approdato in televisione, partecipando a trasmissioni legate a due sue grandi passioni, la cucina e il giardinaggio, come Giardini da Incubo su Sky Uno, La prova del Cuoco su RaiUno e L’Erba del Barone su Gambero Rosso Channel.

In quest’intervista Andrea Lo Cicero ci racconta di come abbia iniziato la sua carriera, costellata da momenti memorabili, ma anche da quelli bui, segnati dalla depressione. E poi ancora la sua passione per la cucina, oltre al suo impegno sociale che porta avanti anche, ma non solo, con la sua fattoria didattica.

Andrea Lo Cicero: la sua incredibile carriera

Il rugby ha segnato quasi tutta la tua vita. Come hai iniziato a praticare questo sport e cosa ti ha attratto del rugby tanto da farlo diventare la tua professione?

Ho iniziato a fare sport sin da piccolo. Ne ho praticati molti, tra cui canoa, pallanuoto, judo e lotta greco-romana. Da ragazzino facevo sempre due sport insieme perché mi piaceva, non mi pesava. Questo fino a quando ho iniziato a giocare a rugby, che mi prendeva sempre più tempo. Ho quindi dovuto fare una scelta fra gli altri sport e continuare a giocare a rugby.
Poi è arrivata subito dopo la possibilità di iniziare a fare il professionista. In quel periodo però c’era anche lo studio che volevo portare avanti. Mio padre, che era medico come mia mamma, mi consigliò intanto di iniziare a studiare, perché poi avrei avuto tutto il tempo di decidere come proseguire. E così ho fatto: sono entrato in Medicina, ho dato dieci esami e poi purtroppo non ho più continuato perché non avevo più tempo. Però sono arrivato a terminare una carriera di tutto rispetto.

Qual è stato il valore o l’insegnamento più importante che hai imparato dal rugby, che magari è servito anche nella vita al di fuori del campo?

Tutti gli sport mi hanno dato qualcosa. Il rugby in particolar modo mi ha insegnato a “non approfittarsi” di quello che il nostro corpo può fare agli altri. Perché il nostro è uno sport di contatto. Proprio perché hai questa forza atletica e non hai la paura del contatto fisico, puoi abusare del tuo corpo per far del male a qualcuno. Questa è sempre stata una cosa molto sottile nel nostro mondo. Alla fine siamo persone molto dolci, nonostante facciamo uno sport molto duro. Ma è un po’ lo specchio dell’anima di una persona. Se sei una persona cattiva nella vita normale lo sarai di conseguenza anche nel campo da rugby, e viceversa.

Il momento più emozionante e quello più brutto della tua carriera

Il punto più basso è stato quando ho sofferto di depressione. Continuavo ad allenarmi  cercando di trovare una soluzione in maniera autonoma. Ai nostri tempi non avevamo supporti psicologici come li possono avere gli atleti oggi. C’erano diverse cose che eri costretto a fare da autodidatta.
Con la depressione non trovi soluzioni in nulla. Ma sono guarito affidandomi ad uno specialista. Ho fatto un percorso con uno psicoterapeuta che mi ha aiutato a mettere insieme i tasselli nei momenti di confusione, perché si stanno facendo tante cose, ci sono tante sollecitazioni, tante aspettative, tante situazioni che ci spronano a dare sempre il massimo. E ci sono anche gli infortuni.
Quindi lui mi ha insegnato a mettere tutte queste cose in ordine, senza entrare in quel turbine di pensieri che ti portano a non ragionare più.
La parte più bella invece è poter giocare, poter correre liberamente in campo e fare di una passione una professione, perché lo fai senza fatica.

andrea lo cicero qui salute
Andrea Lo Cicero

Come ti mantieni in forma adesso? Fai qualche sport? Segui una dieta in particolare?

Io ho sempre fatto sport e continuo a farlo anche adesso, perché se alleni il tuo corpo la tua mente viaggia meglio e ha meno “intoppi”.
La mia alimentazione è di tipo mediterraneo. Cerco di mangiare prodotti più stagionali possibili e faccio una cucina di fermentazione. Oggi mi occupo di cucina, e devo farlo conoscendo perfettamente la materia. Proprio come l’ho fatto da atleta.

Ecco, la cucina. Ormai è diventato un lavoro, con diversi programmi televisivi all’attivo. È una passione nata dopo il tuo ritiro dal rugby o esisteva già da prima?

È una passione che c’è sempre stata. Io sono stato volontario della Croce Rossa e durante le emergenze, ho anche lavorato in cucina per preparare 2000-2500 pasti. Quindi conosco bene cosa vuol dire cucinare per tante persone. La passione è però nata in famiglia. I miei genitori hanno sempre cucinato per le feste e quindi di conseguenza mi sono un po’ avvicinato alla cucina da bambino curioso, rubando il cibo da sotto il tavolo. E da là ho iniziato a costruirmi il palato.

Nella tua villa di campagna Nepi hai aperto una fattoria didattica con un nome molto bello, La Terra dei Bambini, di cosa vi occupate in particolare?

La Terra dei Bambini si occupa di fare un percorso di onoterapia con bambini che hanno diversi livelli di disabilità, facendogli fare un percorso naturale, immersi nel verde, dove avviene un interscambio: l’asino si occupa del bambino e il bambino si occupa dell’animale. Questo sistema crea una curiosità da parte dell’animale come nel bambino. Nel bimbo viene sollecitata una parte ormonale, una nuova linfa per fare qualcosa di diverso dal rimanere sempre in una struttura ospedaliera, dove giustamente svolgono percorsi scientificamente provati adatti a loro. Poi viene fatto anche l’orto e tantissime altre attività.

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