giovedì, Marzo 27, 2025
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Padova, scoperto gene che regola l’invecchiamento cellulare

Un team internazionale, guidato dal prof. Marco Sandri del Dipartimento di Scienze Biomediche dell’Università di Padova e Principal Investigator presso l’Istituto Veneto di Medicina Molecolare (Vimm), ha scoperto un nuovo gene che regola l’invecchiamento. Questo gruppo di ricercatori, con base a Padova, ha identificato e caratterizzato un gene che controlla l’invecchiamento cellulare e la longevità.

Un lavoro lungo 9 anni

L’identificazione di questo nuovo gene, condotto in collaborazione con la prof.ssa Eva Trevisson, genetista del Dipartimento di Salute della Donna e del Bambino dell’Università di Padova, è frutto di un lavoro di nove anni che ha visto coinvolti diversi ricercatori di fama internazionale appartenenti a prestigiosi istituti di ricerca nazionali ed internazionali, ed è stato pubblicato sulla rivista medica di ricerca traslazionale “Journal of Clinical Investigation”. Lo studio è stato in parte finanziato da una azione del Pnrr nel partenariato sull’invecchiamento, chiamato AGE-IT “Ageing Well in an Ageing Society”, che ha permesso la creazione di una rete nazionale di ricercatori che studiano questo processo biologico.

Il gene Mytho

«Tutto è cominciato con una ricerca informatica per identificare nel genoma umano potenziali geni, ancora sconosciuti, che potessero avere una rilevanza nei meccanismi che controllano la qualità delle proteine e degli organelli – commenta Anais Franco Romero che, insieme a Valeria Morbidoni, è stata coautrice principale del lavoro di ricerca -. Tra i diversi candidati, il team si è focalizzato su un gene che spiccava per essere estremamente conservato tra le diverse specie animali, dall’uomo fino ai vermi, denominato Mytho».Attraverso esperimenti di manipolazione genetica, il gruppo ha dimostrato che la sua inibizione provoca una precoce senescenza cellulare (stadio in cui le cellule smettono di replicarsi) ed un accorciamento della vita nel Caenorhabditis Elegans (un modello animale che viene usato dai ricercatori per studiare l’invecchiamento), mentre la sua attivazione migliora la qualità della vita e permette di mantenere un invecchiamento in salute.

Ancora molti geni da identificare

Lo studio ha anche approfondito i meccanismi molecolari, scoprendo che questo gene regola l’autofagia, un processo che consente la rimozione di proteine e organelli danneggiati, migliorando così l’omeostasi cellulare.

«Dopo anni di ricerche abbiamo imparato qualcosa sul nostro genoma, ma la funzione della maggior parte del nostro codice genetico rimane ancora sconosciuta – spiega il prof. Marco Sandri – Un esempio sono i geni che codificano le proteine: di oltre 5000 su un totale di 20000 non conosciamo ancora la funzione. Per questo motivo, negli ultimi anni abbiamo dedicato risorse ed energie per esplorare questo mondo sconosciuto del nostro DNA».

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