In occasione del Global Day dedicato alla SLA (sclerosi laterale amiotrofica), la Società Italiana di Neurologia (SIN) ha annunciato i significativi progressi compiuti negli ultimi anni nella diagnosi e nel trattamento di questa patologia. In Italia, la SLA colpisce circa 6.000 persone, con un’incidenza maggiore negli uomini rispetto alle donne.
La SLA è una malattia neurodegenerativa che coinvolge i motoneuroni, le cellule del cervello e del midollo spinale responsabili del controllo dei movimenti muscolari. Le persone affette da questa malattia perdono progressivamente la capacità di muoversi, parlare, deglutire e respirare. La sopravvivenza media dopo la comparsa dei primi sintomi varia tra i 3 e i 5 anni.
“Per raggiungere una diagnosi sempre più rapida e accurata, la ricerca si è focalizzata sull’identificazione di biomarcatori,” spiega il professor Nicola Ticozzi, Coordinatore del Gruppo di Studio “Malattie del Motoneurone” della SIN. “Proteine come la catena leggera del neurofilamento (NfL) nel plasma e nel liquido cerebrospinale sono ora considerate indicatori affidabili della neurodegenerazione e possono essere utilizzate per valutare la prognosi della malattia e la risposta ai trattamenti. Altri biomarcatori emergenti, come GFAP, tau fosforilata e specifici microRNA, potranno fornire ulteriori informazioni sulla patogenesi della SLA e aiutare nella stratificazione dei pazienti per studi clinici.”
IA e nuove tecniche di imaging
“Nel campo diagnostico, le nuove tecniche di imaging e l’uso di algoritmi di intelligenza artificiale (AI) promettono di rivoluzionare il modo in cui sarà identificata la SLA,” aggiunge il professor Ticozzi. “Recenti studi hanno dimostrato come l’AI possa analizzare i dati di risonanza magnetica per rilevare cambiamenti precoci nel cervello e nel midollo spinale delle persone con SLA, permettendo una diagnosi più tempestiva e una migliore caratterizzazione del fenotipo clinico.”
La ricerca scientifica ha portato a importanti scoperte sui meccanismi molecolari della SLA. Recenti studi hanno identificato nuovi geni legati alla malattia e hanno evidenziato come disfunzioni in diverse vie metaboliche cellulari, tra cui il metabolismo dell’RNA, la degradazione delle proteine danneggiate e il trasporto assonale, possano causare la morte dei motoneuroni. Inoltre, l’uso della tecnologia CRISPR-Cas9 sta permettendo ai ricercatori di creare modelli sperimentali della malattia sempre più precisi, facilitando lo sviluppo di nuove terapie.
In particolare, l’utilizzo degli organoidi cerebrali sta aprendo nuove prospettive nella ricerca sulla SLA. Questi organoidi, generati da cellule staminali pluripotenti indotte provenienti da pazienti affetti da SLA, permettono di studiare lo sviluppo e la degenerazione dei motoneuroni in una struttura tridimensionale che riproduce più fedelmente l’ambiente del cervello umano rispetto ai modelli bidimensionali tradizionali. Tali organoidi stanno offrendo preziose informazioni sui meccanismi patogenetici della malattia e sulla risposta a potenziali terapie.
SLA, novità sul fronte terapeutico
“Sul fronte terapeutico, gli ultimi anni hanno visto un significativo aumento del numero e della varietà di studi clinici sulla SLA,” dichiara il professor Alessandro Padovani, Presidente della Società Italiana di Neurologia. “A livello europeo è stata creata la piattaforma TRICALS, che unisce centri di ricerca di diversi paesi, tra cui l’Italia, con l’obiettivo di condurre trial clinici collaborativi e accelerare lo sviluppo di nuove terapie. Questa piattaforma innovativa consente di valutare vari trattamenti sperimentali contemporaneamente, aggiungendo o rimuovendo trattamenti in modo dinamico sulla base dei dati di efficacia e sicurezza raccolti in tempo reale. Questo approccio ha il potenziale di ridurre significativamente i tempi necessari per identificare terapie efficaci rispetto ai trial tradizionali.”
“L’accelerazione della ricerca in ambito terapeutico,” afferma la professoressa Valeria Sansone, Ordinario presso l’Università degli Studi di Milano e Direttore Clinico-Scientifico del Centro Clinico NeMO di Milano, “ha portato recentemente all’approvazione da parte dell’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) di Tofersen, un oligonucleotide antisenso (ASO) mirato al gene SOD1, che ha dimostrato di rallentare la progressione della malattia nelle persone con mutazioni in questo gene. Altri studi clinici stanno esaminando terapie basate su ASO per altri geni associati alla SLA e risultati molto incoraggianti, sebbene preliminari, sono stati ottenuti per un ASO mirato al gene FUS.”
In conclusione, sottolinea la SIN, “sebbene vi sia ancora molta strada da fare, le innovazioni diagnostiche, la comprensione dei meccanismi molecolari, lo sviluppo di nuovi modelli sperimentali, i nuovi biomarcatori e le terapie emergenti stanno cambiando il panorama della SLA. Questi progressi offrono nuove speranze per una diagnosi precoce, un monitoraggio più preciso della malattia e trattamenti più efficaci, migliorando così la qualità della vita delle persone colpite dalla SLA”.