Sovente accade che all’interno di una coppia con figli avvenga un tradimento.
È un’esperienza senza dubbio complessa e dolorosa, che assume significati diversi in ogni singola storia.
Quando si parla di tradimenti si risvegliano nella concezione comune i ruoli di carnefice, la persona che tradisce e di vittima, la persona tradita. Tale logica non è rappresentativa di una realtà più articolata e non ne aiuta la comprensione.
Ciò non significa avallare e valorizzare il tradimento ma passare da uno sguardo di giudizio ad una prospettiva di consapevolezza. In ogni coppia, tranne condizioni eccezionali, esiste una co-responsabilità nel determinare la dinamica relazionale.
Il tradimento non è quasi mai la causa di una crisi di coppia, ma ne è quasi sempre il sintomo.
L’importanza di non coinvolgere i figli
Ciò che si intende sottolineare in questo breve articolo divulgativo è l’importanza di non coinvolgere i figli, come purtroppo spesso accade, nell’esperienza di infedeltà.
È fondamentale che esista un confine di coppia, che impedisca ai figli di sentirsi eccessivamente coinvolti nelle dinamiche adulte tra i genitori.
Purtroppo, non di rado, nelle situazioni in cui si verifica un tradimento, la parte lesa si percepisce come vittima autorizzata a coinvolgere i figli nella propria sofferenza, ricercando la loro alleanza contro il partner, che a sua volta potrà essere paralizzato dal senso di colpa e rinforzare inconsapevolmente tale dinamica.
Quando un figlio si allea con un genitore contro l’altro abdica al proprio ruolo di figlio e diviene “avvocato” del genitore da proteggere e “giudice” dell’altro genitore, assumendo un eccessivo e nocivo potere.
È naturale che un evento doloroso turbi l’intero nucleo familiare e l’obiettivo non è fingere e simulare una falsa realtà ma è fondamentale non chiedere ai figli di ricoprire ruoli che non gli appartengono per svolgere altre funzioni. Ad esempio, spesso i figli sentono di dover fare i mediatori tra i genitori.
Delineare i giusti ruoli
Il coinvolgimento eccessivo, pervasivo e continuativo dei figli nella crisi di coppia contribuisce quindi anche a delineare una confusività di ruoli.
La coerenza dei ruoli è invece un fattore protettivo per la salute della famiglia.
Ogni figlio ha diritto ad amare entrambi i genitori. Se al contrario, si sentirà “costretto” a dover scegliere da che parte stare vivrà un conflitto interno lacerante e dilaniante.
I figli triangolati, coinvolti incongruamente nel conflitto di coppia, potranno sviluppare significativi disagi psicofisici ed essere travolti da rabbia e senso di colpa.
Con molta probabilità matureranno un vissuto di invisibilità, non si sentiranno visti nei propri bisogni e in futuro faranno fatica a riconoscerli da sé. Inoltre, potranno interiorizzare sfiducia verso sé stessi e verso gli altri. In età infantile possono verificarsi difficoltà nel sonno, nell’alimentazione, intenso stress psicofisico, somatizzazioni e disagi relazionali. In età adulta i disagi infantili non risolti si rifletteranno nelle aree dell’autonomia, della cura di sé, della realizzazione personale e delle scelte affettive. In un’ottica multifattoriale, la triangolazione può costituire un fattore di rischio per la strutturazione di tratti psicopatologici, disturbi dell’umore, d’ansia e dipendenze disfunzionali.
È importante, quindi, che la coppia che attraversa l’esperienza del tradimento possa, se necessario, affidarsi ad uno psicoterapeuta adeguatamente formato che possa ricoprire la funzione di un “terzo” funzionale per recuperare la consapevolezza, potendo accompagnare i partner verso scelte lucide e libere e tutelando indirettamente il benessere dei figli. Anche nei casi in cui l’esito più funzionale e sintonico corrisponde ad una separazione sarà essenziale garantire un’armonica co-genitorialità.
Articolo a cura della Dott.ssa Giulia Gregorini
Psicologa – Psicoterapeuta