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Sindrome feto alcolica, SIN: “Se la mamma beve, il bimbo ha ripercussioni”

Oggi, 9 settembre, in occasione della Giornata Mondiale di Sensibilizzazione sulla Sindrome Feto Alcolica e i Disturbi Correlati (FASD, International Fetal Alcohol Spectrum Disorders), si pone l’accento sulla necessità cruciale di promuovere la prevenzione e sensibilizzare l’opinione pubblica sui rischi associati al consumo di alcol in gravidanza. Questo tema è di estrema rilevanza per la salute materno-infantile, sia a breve che a lungo termine.

Consumo di alcol e percezioni sociali

Il consumo di alcol è spesso legato a momenti di convivialità e socialità, come aperitivi, cene o semplicemente un bicchiere di vino a pasto. Questa pratica è comunemente accettata e percepita come innocua per la salute, poiché associata a un’abitudine alimentare. Inoltre, è influenzata e rinforzata da messaggi commerciali che ne esaltano gli aspetti positivi. Tuttavia, mentre il consumo cronico ed eccessivo di alcol è generalmente riconosciuto come dannoso, vi è una sottovalutazione dei rischi anche quando il consumo è sporadico o moderato, specialmente durante la gravidanza.

Il mito del “Bicchierino ogni tanto”

Il concetto del “bicchierino ogni tanto” è spesso percepito come una concessione innocua, senza rischi significativi per la salute, anche durante la gravidanza o il puerperio. Tuttavia, le evidenze scientifiche contraddicono questa convinzione. L’alcol, infatti, è una sostanza tossica e teratogena, capace di attraversare la barriera placentare e raggiungere il feto con la stessa concentrazione alcolica presente nel sangue materno, indipendentemente dalla quantità o dalla frequenza di consumo.

Conseguenze dello spettro dei disturbi feto-alcolici

Lo Spettro dei Disturbi Feto-Alcolici (FASD) rappresenta l’insieme delle conseguenze cliniche derivanti dall’esposizione fetale all’alcol durante la gravidanza. Questa condizione comporta sempre un danno permanente e irreversibile al Sistema Nervoso Centrale, con conseguenze neuro-comportamentali di varia gravità che accompagnano l’individuo per tutta la vita.

“La FASD, che si può prevenire al cento per cento con una corretta informazione, è ad oggi la disabilità cognitiva non genetica più comune, la cui diagnosi, tuttavia, è complessa e può arrivare anche tardivamente in età adulta,” sottolinea Luigi Orfeo, presidente della Società Italiana di Neonatologia (SIN).

Diagnosi e classificazioni della FASD

La FASD comprende oltre quattrocento condizioni associate, tra cui deficit dell’attenzione, disturbi comportamentali e difficoltà cognitive. Le quattro principali classificazioni diagnostiche della FASD sono: Disturbo dello Sviluppo Neurologico Alcol-Correlato (ARND), Difetti alla Nascita Alcol-correlati (ARBD), Sindrome Feto Alcolica Parziale (pFAS) e Sindrome Feto Alcolica (FAS), quest’ultima rappresentando la manifestazione più grave.

Nel 2013, l’Associazione Americana di Psichiatria (APA) ha proposto di includere tutte le manifestazioni cliniche della FASD sotto la categoria del Disturbo Neurocomportamentale Associato all’Esposizione Prenatale all’Alcol (DN-EPA), per agevolare una diagnosi precoce e un trattamento tempestivo.

Prevenzione: zero alcol in gravidanza

“Ad oggi, non si conosce la dose minima di alcol sicura o priva di rischi, né il motivo per cui alcuni bambini sviluppino disabilità più gravi rispetto ad altri o perché alcuni le manifestino in modo meno evidente,” continua Orfeo. “L’unica forma di prevenzione è assumere zero alcol in gravidanza, perché zero alcol significa zero esposizione prenatale all’etanolo.”

Educazione e politiche sociali

È fondamentale promuovere la consapevolezza dei rischi associati al consumo di alcol, specialmente tra le giovani generazioni. Il Ministero della Salute ha identificato la fascia d’età tra i 18 e i 24 anni come la più a rischio per il binge drinking, per l’esposizione all’alcol durante l’età fertile e per la scarsa consapevolezza dei danni alcol-correlati. Di conseguenza, è necessaria l’implementazione di politiche mirate di formazione, sensibilizzazione e prevenzione.

A tal fine, il CNDD (Centro Nazionale Dipendenze e Doping) e il CoRi (Servizio di Coordinamento e Supporto alla Ricerca) dell’Istituto Superiore di Sanità, insieme ad altri enti e istituzioni, sono stati incaricati di monitorare il consumo di alcol in gravidanza e di formare i professionisti sociosanitari sui rischi per la salute materno-infantile.

“Giornate come questa sono l’occasione per rimarcare l’urgenza di sensibilizzare la comunità, anche sociosanitaria, sull’importanza di un’informazione corretta e basata su evidenze scientifiche per prevenire al cento per cento i disordini feto-alcolici,” affermano il prof. Giuseppe Ricci e la dott.ssa Sheherazade Lana, del Dipartimento Materno Neonatale dell’IRCCS Burlo Garofolo di Trieste. La promozione di un cambiamento culturale è essenziale affinché il messaggio “se mamma beve, anche il bimbo beve” diventi un concetto universalmente compreso e accettato.

Fonte: SIN

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