L’artrosi di caviglia è una condizione degenerativa che colpisce l’articolazione tibio-tarsica, provocando usura della cartilagine e conseguente dolore, rigidità e limitazione funzionale. Può influire pesantemente sulla qualità della vita, soprattutto quando progredisce a stadi avanzati. Ma come si può intervenire? Insieme al Dott. Matteo Guelfi, chirurgo ortopedico, esamineremo i principali trattamenti per questa condizione e il decorso post-operatorio nei casi in cui si renda necessario l’intervento di sostituzione protesica.
Artrosi di caviglia – Intervista al Dott. Guelfi sui possibili trattamenti
“Il trattamento dell’artrosi di caviglia può essere conservativo quando parliamo di artrosi lievi o moderate”, spiega il Dott. Guelfi. “Questo tipo di trattamento si basa prevalentemente sull’utilizzo di antinfiammatori e di condroprotettori, mentre, nelle fasi intermedie, eventualmente è possibile eseguire delle terapie infiltrative di acido ironico oppure terapie biologiche con infiltrazioni di cellule staminali”.
Per quanto riguarda l’artrosi avanzata, invece, “le opzioni terapeutiche possono essere l’artrodesi o la protesi. L’artrodesi è un trattamento che veniva eseguito soprattutto in passato e che consiste nel fissare la caviglia in una posizione di 90° e bloccare quindi il movimento di flesso-estensione. Questo trattamento ha l’obiettivo di togliere il dolore, ma anche di bloccare e limitare il movimento” precisa il chirurgo ortopedico.
“Oggi il trattamento che si preferisce è la sostituzione protesica, esattamente come avviene per altre articolazioni. Negli ultimi anni la sostituzione protesica ha visto un netto miglioramento degli impianti e quindi un aumento delle indicazioni”, continua il dottore. “Impianti sempre più affidabili fanno sì che si possano ottenere degli ottimi risultati clinici mantenendo il movimento dell’articolazione e quindi ridando al paziente una deambulazione praticamente normale”.
Decorso post operatorio
Dopo l’intervento di protesi di caviglia, il paziente viene immobilizzato con uno stivaletto gessato o con un tutore per circa quattro settimane.
“Di queste – spiega il Dott. Guelfi – le prime tre settimane sono senza carico, dopodiché il paziente può iniziare a caricare. L’immobilizzazione è necessaria per far guarire l’accesso chirurgico, quindi la ferita cutanea. Una volta che questa è guarita, il paziente può caricare e piano piano abbandonare il tutore”
“A circa 3-4 settimane, il paziente inizia la fisioterapia per recuperare il movimento di flesso-estensione della caviglia che gli permetterà poi di deambulare in maniera normale. Solitamente il paziente è in grado di svolgere una vita normale a circa 6-8 settimane dall’intervento chirurgico. Anche la ripresa della guida è solitamente possibile a 6 settimane, mentre a due mesi dall’intervento, il paziente può sostanzialmente già svolgere attività senza grosse limitazioni nella vita quotidiana” conclude il Dott. Guelfi.