giovedì, Maggio 15, 2025
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Gemelli, intervento senza precedenti salva gamba e vita ad un giovane

Una vita ai margini salvata da un’operazione rivoluzionaria

Un’infezione devastante che aveva già intaccato gravemente la gamba destra e si era estesa fino alla caviglia. Per Onya (nome di fantasia), giovane migrante nigeriano, questo avrebbe potuto segnare la fine prematura di una vita segnata da situazioni difficili. Invece, grazie a una straordinaria impresa chirurgica durata oltre un anno, i medici del Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma sono riusciti a restituirgli non solo la gamba, ma anche la speranza.

Dalla Nigeria alle coste calabresi, il sogno spezzato di Onya

Onya (nome di fantasia), giunto in Italia dalla Nigeria nel 2017, aveva trovato accoglienza e una prima opportunità di riscatto: un impiego come operatore ecologico in una città del Lazio. Ma quella che sembrava l’alba di una nuova vita si è trasformata rapidamente in un incubo. Durante il tragitto verso il lavoro, il giovane è caduto in una buca coperta da un pannello di legno, procurandosi una profonda ferita alla gamba destra.

L’infezione silenziosa che ha divorato osso e muscoli

L’incidente si è rivelato fatale. Dopo mesi di visite in diversi ospedali e cure con antibiotici, Onya arriva al Pronto Soccorso del Policlinico Gemelli in condizioni critiche. La diagnosi è chiara e terribile: osteomielite post-traumatica, un’infezione ossea avanzata, causata da batteri altamente aggressivi, tra cui lo Stafilococco Aureus e l’Escherichia Coli. Il tessuto cutaneo e muscolare risultava ormai devastato, e l’infezione aveva raggiunto gran parte della tibia e della caviglia.

L’alternativa all’amputazione: una proposta audace

I medici prospettano l’amputazione come unica soluzione, ma Onya rifiuta con decisione. È a questo punto che entra in scena il dottor Carlo Perisano, ortopedico e ricercatore presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, e la dottoressa Elisabetta Pataia, chirurgo plastico e docente nella stessa università. Insieme, propongono un piano alternativo: asportare l’osso infetto e ricostruire da zero la gamba.

Un percorso chirurgico senza precedenti durato un anno

La sfida è complessa. “In una prima fase – spiega il dott. Perisano – abbiamo resecato quasi tutta la tibia del paziente sotto il ginocchio e l’astragalo, per rimuovere tutti i focolai di infezione; successivamente abbiamo messo un sostituto temporaneo dell’osso, cioè uno spaziatore cementato e antibiotato, al fine di far guarire i tessuti e ridurre il rischio di re-infezione. Dopo 4 mesi di terapia antibiotica, abbiamo iniziato un percorso di ricostruzione ossea”.

Tentativo di allungamento e successivo cambio di strategia

Per tentare di ricreare l’osso mancante, si è inizialmente optato per una tecnica di allungamento dell’arto tramite un fissatore esterno. “Si tratta di un intervento particolare – continua Perisano – consistente nell’osteotomia della parte di tibia rimanente e nella distrazione dei due monconi ossei (il gap osseo era di circa 20 cm), per permettere all’osso neoformato di crescere tra le porzioni di osso residue. In questo modo abbiamo recuperato 10 centimetri di osso; tanti ma non sufficienti a ricostruire la parte mancante di tibia”.

La ricostruzione “patchwork” che ha restituito la gamba

È qui che entra in gioco la dottoressa Pataia con una strategia del tutto nuova. “Abbiamo effettuato una ricostruzione complessa – spiega – prelevando tre lembi, uno muscolo-cutaneo dalla coscia e due ossei da entrambi i peroni del paziente. Successivamente, questa sorta di patchwork osseo-muscolo-cutaneo è stato collegato con tecnica micro-chirurgica. Si tratta di un sistema detto ‘lembo-chimera’ che consiste nel collegare un lembo muscolo-cutaneo al vaso arterioso della gamba ricevente, per poi collegare tra di loro i restanti lembi. In pratica il primo lembo alimenta l’altro, attraverso una serie di connessioni vascolari realizzate al microscopio, che partendo da un solo vaso ha consentito di alimentare tre lembi diversi”.

Una nuova tibia costruita con i peroni del paziente

La parte mancante della tibia e l’astragalo sono stati ricostruiti utilizzando sezioni del perone di entrambe le gambe. Le strutture ossee ricreate sono state fissate con viti ortopediche e protette da un fissatore esterno circolare, fondamentale per garantire la stabilità e la guarigione dell’intera area.

La nascita di una nuova disciplina medica

“Si tratta di un intervento eccezionale – commenta il prof. Giulio Maccauro, Ordinario di Ortopedia all’Università Cattolica e Direttore della UOC di Ortopedia e Traumatologia di Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS – che conferma la validità della nostra intuizione di creare un servizio di chirurgia ortoplastica, interdisciplinare con ortopedici e chirurghi plastici, all’interno della nostra struttura di Ortopedia e Traumatologia. Si tratta di una disciplina nuova, che ha pochi altri centri in Italia”.

Un nuovo inizio per Onya

Oggi, a un mese dall’intervento, Onya cammina con l’aiuto delle stampelle e vive in una casa famiglia, seguito dai Servizi Sociali. La sua gamba è salva. Ma soprattutto, si apre per lui un nuovo capitolo di vita, dove la ricostruzione fisica potrà forse accompagnare anche una rinascita esistenziale.

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