mercoledì, Marzo 26, 2025
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Cieca a causa di una bomba, torna a vedere grazie alla prima cornea artificiale ibrida (sviluppata in Italia)

Fonte immagine: Ansa

Un’esplosione nel 2012 durante la guerra in Siria aveva causato la perdita della vista di Rasha, rifugiata palestinese, rendendola cieca a entrambi gli occhi. Grazie all’innesto della prima cornea artificiale ibrida, frutto della ricerca italiana, Rasha ha recuperato tre decimi di acuità visiva, potendo così tornare a vedere. Il trapianto rappresenta una svolta per persone ad alto rischio di rigetto e segna un’importante innovazione nella chirurgia oculistica. Rasha è una dei primi tre pazienti a beneficiare di questa rivoluzionaria tecnica sviluppata in Italia.

Intra-ker: la prima cornea artificiale italiana

La cornea artificiale, chiamata Intra-ker, è il risultato del lavoro del prof. Massimo Busin dell’Università degli Studi di Ferrara, in collaborazione con la Fondazione Banca degli Occhi del Veneto ETS. Questo dispositivo sintetico è progettato per essere inglobato all’interno di due strati di tessuto corneale donato, e innestato direttamente nell’occhio del paziente.

“Ogni anno vengono effettuati circa 185mila trapianti di cornea a livello mondiale, ma circa 7mila di questi falliscono, lasciando 12.7 milioni di persone in attesa di un trapianto,” spiega il prof. Massimo Busin. “Il dispositivo Intra-ker nasce come una protesi ottica intracorneale, ideale per quei pazienti il cui occhio non tollera un trapianto standard di cornea da donatore, a causa di rigetti sistematici.”

La cornea artificiale è realizzata in polimetilmetacrilato e presenta una parte ottica centrale circondata da estremità periferiche che stabilizzano la protesi all’interno dell’occhio. “Questa protesi viene avvolta da sottili lembi di cornea da donatore, provenienti dalla banca degli occhi, che isolano uno strato chiamato ‘pre-descemetico’, spesso solo pochi micron. La funzione di questi lembi è fondamentale, poiché evitano l’estrusione della protesi e garantiscono la trasparenza del tessuto nel tempo, permettendo così al paziente di tornare a vedere,” aggiunge il prof. Busin.

I primi tre interventi, realizzati tra febbraio e maggio 2024 presso Ospedali Privati Forlì, hanno già mostrato risultati incoraggianti, con i pazienti che, a distanza di oltre quattro mesi, hanno recuperato parte della loro vista.

Il ruolo dei tessuti donati nel trapianto

La Fondazione Banca degli Occhi del Veneto ha avuto un ruolo chiave in questa innovazione, essendo responsabile della validazione e della fornitura dei tessuti donati per il trapianto. “Per il settore dell’eye banking, è il primo trapianto dello strato profondo della cornea senza endotelio, un’autentica novità,” afferma Diego Ponzin, Presidente della Fondazione. “I nostri tecnici hanno isolato due tessuti da altrettanti donatori, selezionando lo strato quasi impercettibile chiamato ‘pre-descemet’. Dalle nostre analisi emerge che questo strato conserva una trasparenza del 70%, fondamentale per il successo del trapianto.”

Questo trapianto pionieristico, ideato dal prof. Massimo Busin, è al centro di un progetto di ricerca finanziato dal PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) e guidato dal prof. Teresio Avitabile dell’Università di Catania. Alla fase clinica collaborano anche il prof. Vincenzo Scorcia dell’Università Magna Græcia di Catanzaro e il prof. Marco Mura dell’Università di Ferrara, rendendo questa tecnologia all’avanguardia un vero e proprio esempio di eccellenza scientifica italiana.

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