sabato, Aprile 19, 2025
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La gelosia: quando è normale e quando diventa patologica?

Articolo a cura della Dott.ssa Patrizia Borrelli, Psicologa Psicoterapeuta Sistemico Relazionale di Milano. Sui social con il profilo @lalberodellapsicologia.

C’è chi ritiene sia un ingrediente che dà sale al rapporto di coppia, quasi a costituire una componente essenziale dell’amore e chi, al contrario, una forma di delirio. Le definizioni di gelosia sono molte, in alcuni casi l’una il contrario dell’altra, troviamo traccia di lei fin dai tempi più antichi.
In “Ode della gelosia” Saffo descrive gli effetti sfiguranti di questo sentimento e la follia fuori controllo, nel sapere l’amata che sorride mentre parla con un altro uomo.
Marcel Proust scrive:” La gelosia è sovente solo un inquieto bisogno di tirannide applicato alle cose dell’amore”.
Per Shakespeare è “il mostro dagli occhi verdi”, per Lacan un affetto fondamentale attraverso cui il bambino può riconoscere l’Altro da sé, mettendo fine al periodo della fusione narcisistica.
Dalle forme più lievi quasi gratificanti per chi ne è oggetto, per arrivare alla deriva persecutoria e distruttiva nota alle tristi vicende di cronaca, la gelosia è figlia della paura.

Nei bambini è tipica di quelle fasi in cui, con la nascita di una sorellina o di un fratellino cambia l’assetto familiare e i genitori sono quasi completamente assorbiti dalle cure del nuovo arrivato.
Sempre in età evolutiva non è raro che il bambino patisca un senso di esclusione dalla relazione fra i suoi genitori, mostrando segni di gelosia nei confronti di uno dei due.
Reazione comprensibile e molto sensata dal punto di vista della sopravvivenza della specie, se pensiamo che nei primi anni di vita perdere l’amore delle proprie figure di attaccamento può costituire una fonte di grande rischio per la vita.

Si può essere gelosi di una persona, così come di un oggetto che non si accetta di condividere con altri, ma anche dell’attenzione che la persona amata dedica ad un proprio interesse.
Esiste anche una forma di gelosia da competizione sociale nella quale l’oggetto del contendere è lo status, un bene o un’abilità possedute dall’altro dal quale ci si sente esclusi e a cui si affida la conferma del proprio valore personale.
Nella relazione di coppia è possibile provare gelosia, quando si avverte il rischio reale o presunto di perdere la persona amata a causa di un terzo che, non di rado possiede alcune delle caratteristiche rispecchianti il Sè ideale al quale aspira la persona gelosa (Schmitt, 1988).

Fra i sintomi oltre alla paura dell’abbandono, la rabbia, la tristezza, la vergogna, sentimenti di grave perdita, che si accompagnano ad un livello molto elevato di abbassamento dell’autostima, a causa del quale possono emergere reazioni aggressive, vendetta e nei casi più estremi paranoia.

Sul versante cognitivo assistiamo a modifiche dell’attenzione, che si concentra minuziosamente su ogni piccolo dettaglio relativo alla persona amata e all’ipotetico rivale.

Anche la memoria subisce l’influenza della gelosia, facendosi più nitida, selettiva, investigativa nel richiamare a sé tutti quei particolari che confermano ciò che la persona teme.

La persona gelosa fa associazioni rapidissime e ogni più piccolo dettaglio acquista un senso alla luce del proprio sentimento e così il partner, che torna a casa con un nuovo acquisto, diventa agli occhi dell’altro la conferma di un tradimento.
A mettere a dura prova la persona che sperimenta gelosia anche il rimugino e la ruminazione, che affaticano e bloccano i pensieri, contribuendo ad alterare la percezione della realtà, lasciando poco spazio ad altre interpretazioni, fino ad arrivare nei casi più estremi al delirio.

La ricerca conferma che esiste un legame fra gelosia e stile di attaccamento (Sabrana e coll., 2004), dimostrando come là dove è presente ansietà il livello di gelosia risulta essere più elevato rispetto ai soggetti con stile di attaccamento meno ansioso.
Si parlerebbe quindi di vulnerabilità personologica e/o psicopatologica alla gelosia.

Ma qual è il limite fra “normalità” e patologia?

Nella gelosia patologica c’è una discrepanza fra i fatti accaduti e l’intensità del sentimento sperimentato, a rivelare una mancanza di fiducia in se stessi.
La persona che sviluppa gelosia cronica cerca di avere il dominio sull’altro dal quale pretende sudditanza con l’intento di possederlo, riducendolo ad “oggetto” attraverso l’uso di manipolazione, seduzione, minacce, umiliazioni e controllo.
Nella gelosia patologica spesso si costringe l’altro alla segregazione, gli si crea terra bruciata attorno, allontanandolo da affetti ed amici in una condanna all’isolamento sociale.
Nella gelosia cronica il sentimento di insicurezza è una costante che può trasformarsi in un’ossessione che rende la vita insopportabile ad entrambi, assorbendo tutte le funzioni vitali.

Nel modello relazionale, matrice della gelosia il famigliare ed il patrimonio di tutto quello che è accaduto a livello coniugale, riguardante il patto fiduciario, genitoriale, riguardante la cura responsabile della prole e a livello della relazione fra stirpi rispetto alla cura dell’eredità (E. Scabini, V. Cigoli, 2000) a generare una certa cultura trasmessa simbolicamente fra i vivi e i morti.
Un sentimento quello della gelosia patologica che, a differenza della gelosia “normale” che si manifesta in forma lieve e a livelli accettabili, “vampirizza” l’esistenza di chi si pensa di amare, ma che in realtà si pretende solamente di possedere.

Sulla base di questi elementi, se ci riconosciamo nella descrizione della deriva insana della gelosia è importante rivolgersi ad una figura della salute mentale per ricevere un supporto.

Bibliografia
Sabrana, Gonelli, Raimondi, Doria, Mungai, Ravani, Spagnolli, Frangione, Marazziti (2004) Sottotipizzazione della gelosia: indagine preliminare. Italian Journal of Psychopathology, 10 (supplì Marzo), 91
Scabini, Cigoli, (2000) Il famigliare. Legami, simboli e transizioni. Milano, Raffaello Cortina Editore
Schmitt, (1988) Social comparison in romantic jealousy. Personality and Social Psychology Bulletin, 14.

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