C’è una nuova speranza per i pazienti con tumore al polmone non a piccole cellule e mutazione del gene ALK: lorlatinib, un innovativo farmaco inibitore della tirosin-chinasi, ha mostrato una riduzione del rischio di progressione o morte dell’81% rispetto al trattamento alternativo. Inoltre, quasi due terzi dei pazienti, il 60%, sono sopravvissuti per cinque anni senza progressione della malattia. I risultati dello studio clinico di fase 3 Crown, condotto da Pfizer, sono stati presentati al congresso della Società americana di oncologia clinica (ASCO) a New York.
Lorlatinib: efficacia senza precedenti nel controllo della malattia
Con lorlatinib, una percentuale senza precedenti di pazienti rimane in vita senza progressione della malattia dopo cinque anni: il 60%, rispetto all’8% ottenuto con crizotinib. Inoltre, si è registrata una riduzione del rischio di progressione della malattia o di morte dell’81% e una diminuzione del rischio di sviluppare progressioni intracraniche del 94%. Lo studio è stato condotto tra l’11 maggio 2017 e il 28 febbraio 2019 in 23 Paesi in tutto il mondo, coinvolgendo 296 pazienti adulti assegnati casualmente al gruppo lorlatinib (149) o al gruppo crizotinib (147).
NSCLC: un tumore al polmone aggressivo
Il tumore al polmone avanzato non a piccole cellule, o NSCLC (non-small cell lung cancer), è la forma più comune di carcinoma polmonare, rappresentando l’85-90% dei casi. Tuttavia, solo nel 3-5% di questi casi è presente la proteina di fusione EML4-ALK. Questa rara mutazione (NSCLC avanzato ALK-positivo) colpisce principalmente pazienti giovani, sotto i 55 anni, e non fumatori o fumatori leggeri. La progressione del tumore è molto rapida, con circa il 25-40% dei pazienti che sviluppano metastasi cerebrali entro due anni dalla diagnosi iniziale. Le proteine tirosin-chinasi (TKI) sono enzimi che regolano vari processi cellulari, e alcune mutazioni che ne influenzano l’attività possono portare a leucemia e altri tipi di cancro. Lorlatinib agisce inibendo questo processo.
“La molecola ha già ricevuto pubblicazioni nel 2020 e nel 2023, e ha già dimostrato di essere molto più efficace nel controllo della malattia rispetto a crizotinib, il riferimento di prima generazione,” spiega Filippo de Marinis, direttore della divisione di Oncologia toracica all’Istituto europeo di Oncologia (IEO) di Milano, Presidente AIOT (Associazione italiana di oncologia toracica) e membro dello Steering Committee Crown. “Il dato è decisamente importante rispetto al controllo dell’encefalo, sede dove le metastasi vanno abitualmente. A cinque anni, il 92% dei pazienti non è ancora progredito a quel livello, rispetto al 20% dei pazienti trattati con crizotinib”.