L’impianto di protesi mammarie per aumentare il seno può evolvere in un risultato sgradevole e può richiedere un nuovo intervento di correzione. In questi casi si parla di mastoplastica secondaria.
Insieme al Dott. Pietro Berrino, specialista in Chirurgia Plastica Ricostruttiva ed Estetica, vediamo quali sono le complicanze che si verificano più di frequente – ad esempio, la rottura di una protesi – e come intervenire per migliorare l’aumento mammario ottenuto con l’impianto di protesi.
Cosa dovrebbero sapere le pazienti che decidono di eseguire un intervento di aumento mammario?
Prima di sottoporsi all’intervento dovrebbero essere ben informate non solo sui risultati che si potranno ottenere e sulle accortezze da seguire nel post operatorio, ma dovrebbero essere a conoscenza anche del fatto che il risultato può essere instabile e diventare sgradevole anche quando inizialmente buono . A confermarlo sono le statistiche internazionali, che mostrano che mediamente ogni 7 anni (in media… qualche volta molto prima, altre volte dopo!) il seno deve essere rioperato.. È bene tenere presente queste statistiche, anche dal punto di vista economico: le protesi richiedono “manutenzione” !
Per quali motivi si rende necessaria la mastoplastica secondaria?
In molti casi è necessario un reintervento a causa della reazione cicatriziale dell’organismo della paziente nei confronti della protesi mammaria. Nel tempo, l’organismo può reagire a questo corpo estraneo indurendolo, spostandolo o deformandolo, compromettendo così il risultato, rendendolo innaturale e antiestetico.
Ma non è l’unica possibilità. L’involucro della protesi può usurarsi con il passare degli anni, fino ad arrivare a rompersi. Anche questo rappresenta un caso in cui è necessario rimettere mano ad una protesi impiantata per sostituirla.

Si tratta di complicanze gravi?
Per fortuna, no. Sono complicanze locali, ma rimediabili esclusivamente attraverso un nuovo intervento chirurgico, che porta con sé tutti i disagi ed i costi di una nuova chirurgia.
Come si interviene, quindi?
L’intervento secondario dipende dalla problematica che lo specialista riscontra nella paziente. La procedura da seguire è diversa caso per caso e tiene conto delle esigenze espresse dalla paziente, oltre che delle sue caratteristiche.
Prendiamo l’esempio di una protesi mammaria rotta. E’ necessario innanzitutto effettuare una diagnosi corretta, avallata generalmente da esami come ecografia e risonanza magnetica. La mastoplastica secondaria consiste nel sostituire l’impianto protesico. Per maggior sicurezza, e per un risultato estetico migliore, di solito si sostituiscono entrambi i dispositivi. Ovviamente, la paziente può scegliere di rimuovere le protesi e non impiantarne di nuove, rinunciando in questo modo all’aumento mammario un tempo desiderato.
In mani esperte, la mastoplastica secondaria permette di trasformare la forma compromessa della mammella restaurando un aspetto naturale ed armonioso: in molti casi la mastoplastica “secondaria” è l’occasione non solo per ripristinare un buon risultato, ma anche per correggere le modifiche intervenute nel tempo a causa dell’invecchiamento. Si tratta ovviamente di interventi che, per essere soddisfacenti, devono essere pianificati ed eseguiti tenendo conto di tutte le possibilità tecniche che la Chirurgia Plastica moderna offre.
Quindi, le protesi non sono garantite a vita?
Le protesi mammarie hanno garanzia a vita solo nel caso di sostituzione della protesi stessa. Per intenderci, se una protesi si rompe viene sostituita gratuitamente dall’azienda produttrice, sempre che il chirurgo decida di utilizzare protesi della stessa azienda. Alcune aziende forniscono, in alternativa, una piccola partecipazione ai costi del nuovo intervento. Ma se con l’espressione “garanzia a vita” intendiamo dire che le protesi mammarie sono eterne, no, questo non è vero. Come non è vero che la garanzia “copre” tutti i costi economici.