La Talassemia è una malattia genetica rara del sangue, i cui sintomi possono comprendere anemia, anomalie ossee, muscolari, di milza, fegato e cuore, disturbi della crescita, complicanze epatiche ed endocrine, ipertensione polmonare, aritmia e trombosi.
Esistono diverse tipologie di Talassemia, tutti accomunati da una caratteristica riduzione dei livelli di emoglobina, una proteina che si trova nei globuli rossi e trasporta l’ossigeno attraverso il corpo.
I dati
In Italia oggi circa 7mila persone sono affette da Talassemia, mentre sono oltre 3 milioni i portatori sani. Per questo, l’8 maggio di ogni anno ricorre la Giornata mondiale della Talassemia. Un’occasione importante che, anche secondo l’AVIS, rappresenta un momento fondamentale per approfondirne le cause e le modalità di cura, ma anche per promuoverne la conoscenza.
Secondo i dati, in Italia oggi sono Sardegna, Sicilia e Puglia le regioni con il numero più alto di pazienti talassemici, ma diversi sono i casi presenti anche in Veneto e nei territori del delta padano. La forma più diffusa di questa malattia è la cosiddetta beta-Talassemia, caratterizzata da una gravità molto variabile: si passa dalla cosiddetta Talassemia minor (generalmente asintomatica) alla Talassemia intermedia, fino ad arrivare alla Talassemia major o Malattia di Cooley, da cui sono affetti oggi circa 5mila italiani e che comporta la dipendenza dalle trasfusioni di sangue. Grazie alla ricerca, però, i pazienti affetti da Talassemia major hanno ora a disposizione una nuova terapia (luspatercept), che si è rivelata in grado di ridurre di oltre il 30% le trasfusioni di sangue.
a sua trasmissione è autosomica recessiva: in una coppia di genitori con mutazioni nel gene beta globinico (di cui esistono oltre 200 varianti), ogni figlio avrà cioè il 25% di possibilità di essere sano, il 25% di contrarre la malattia e il 50% di diventarne portatore.
Fino a circa trent’anni fa, l’aspettativa di vita per i malati talassemici era piuttosto bassa: molti di loro, infatti, non superavano i 25 anni di età. Grazie alla ricerca, però, oggi la condizione di chi convive con questa patologia è decisamente migliorata.