lunedì, Novembre 10, 2025
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Il rischio di fuga delle aziende farmaceutiche verso gli Stati Uniti

Investire in ricerca e innovazione è l’unica via per evitare che l’Europa perda terreno di fronte ai dazi imposti dagli Stati Uniti e alla crescita inarrestabile della Cina nei settori scientifici e industriali. Questo è uno dei temi centrali affrontati al congresso della Società Europea di Oncologia Medica (Esmo), che si sta svolgendo a Berlino con oltre 35.000 esperti provenienti da tutto il mondo.

Tendenza di fuga da parte delle aziende farmaceutiche

“Bisogna agire in fretta e in modo concreto”, spiega all’ANSA Giuseppe Curigliano, presidente eletto dell’Esmo. “Occorre accelerare gli investimenti in ricerca per non rischiare di restare esclusi dalla futura geografia dello sviluppo mondiale”. Un allarme legato anche alla crescente tendenza delle grandi aziende farmaceutiche a spostare le proprie attività di ricerca negli Stati Uniti, con il pericolo di una vera e propria fuga dall’Europa.

Per l’Italia, sottolinea Curigliano, “una misura efficace sarebbe defiscalizzare tutte le attività legate alla ricerca di sviluppo”. All’interno del congresso Esmo 2025, il tema dell’urgenza di nuovi investimenti è stato al centro di più dibattiti: “È evidente che parte dei fondi deve arrivare dal settore pubblico, ma è altrettanto fondamentale il contributo del privato”, aggiunge.

La politica statunitense preoccupa

Un aspetto che preoccupa, secondo l’oncologo, riguarda le politiche statunitensi. “L’amministrazione Trump ha avviato un processo di equalization dei prezzi dei farmaci”, spiega. “In pratica, viene chiesto di conoscere il prezzo più basso di un medicinale approvato all’interno del G7, e l’obiettivo è uniformare i costi: far diminuire i prezzi americani e far aumentare quelli europei”. Una misura che, secondo Curigliano, “potrebbe avere conseguenze pesanti, rendendo alcuni farmaci economicamente insostenibili per i sistemi sanitari nazionali”.

Le grandi case farmaceutiche si stanno già muovendo: Merck ha investito 80 miliardi di dollari in ricerca e sviluppo negli USA, mentre AstraZeneca ne ha destinati 50 miliardi sempre oltreoceano. “Non mi risulta – commenta Curigiliano – che in Europa si registrino investimenti comparabili”.

Un altro punto cruciale è garantire finanziamenti stabili e di lungo periodo. “Bisogna aumentare la quota di Pil destinata alla ricerca almeno all’1.5-2%, rispetto all’attuale 1,3%”, propone Curigliano. Nel campo medico, in particolare, l’aumento dei casi di malattie cronico-degenerative legato all’invecchiamento della popolazione rende urgente un cambio di passo: “Senza un investimento serio nella ricerca – conclude – i costi sanitari rischiano di diventare insostenibili per i sistemi pubblici”.

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