E’ scomparso a soli 53 anni l’ex allenatore di Milan e Bologna, Sinisa Mihajlovic. Oggi a Roma dopo una lunga battaglia contro la leucemia, contro cui combatteva dal marzo del 2019, si è spento nella clinica Paideia. Era ricoverato da domenica per un’infezione divenuta da subito grave a causa del sistema immunitario compromesso dalla malattia stessa e dalle pesanti terapie. Domenica si è alzata la febbre e la situazione è progressivamente peggiorata, da qui la decisione del ricovero. “Uomo unico professionista straordinario, disponibile e buono con tutti. Coraggiosamente ha lottato contro una orribile malattia. Ringraziamo i medici e le infermiere che lo hanno seguito in questi anni, con amore e rispetto, in particolare la dottoressa Francesca Bonifazi, il dottor Antonio Curti, il Prof. Alessandro Rambaldi, e il Dott. Luca Marchetti. Sinisa resterà sempre con noi. Vivo con tutto l’amore che ci ha regalato”, si legge nella nota apparsa tramite l’Ansa da parte della famiglia dell’ex giocatore di Lazio e Sampdoria.

Dalla malattia al ritorno in panchina fino alla fine

A luglio 2019, dopo alcune indiscrezioni pubblicate sulla stampa, Mihajlovic ha infatti annunciato di aver contratto una forma di leucemia mieloide acuta. La sua storia e la sua lotta emozionano l’Italia e pure il Bologna, dei tifosi e dei giocatori, che sono andati a trovarlo in ospedale. A dicembre dello stesso anno, il male sembra alle spalle: “Ero un morto che camminava. Ora vedo la luce”. Tornerà ad affacciarsi, a marzo 2022, usiamo sempre le parole di MIhajlovic: “In questi anni la mia ripresa è stata ottima, ma queste malattie sono subdole e bastarde. Dalle ultime analisi sono emersi dei campanelli di allarme e potrebbe presentarsi il rischio di una ricomparsa della malattia”. Tiene duro, spinto dal sostegno incondizionato del mondo del calcio e degli amici, come Ibrahimovic che avrebbe voluto con sé al Dall’Ara e col quale ha duettato sul palco dell’Ariston. In questo campionato, dopo un avvio di campionato molto complicato, la società decide per l’esonero: piovono critiche, ma in fin dei conti lo stesso Sinisa non ha mai voluto essere considerato un eroe ed è stato trattato da tecnico, non da malato. Dalle punizioni vincenti col mancino alle conferenze stampa esplosive, mancherà un assoluto protagonista del nostro pallone negli ultimi trent’anni.