Giorgio Armani, quando il camice bianco sfiorò l’eleganza
Ieri il mondo della moda ha salutato Giorgio Armani, un uomo la cui eleganza ha attraversato generazioni. Ma prima che il suo nome diventasse leggenda, c’era un giovane ragazzo di Piacenza che sognava bisturi e sale operatorie. Era il 1957 quando lasciò la sua città natale per trasferirsi a Milano e iscriversi alla facoltà di Medicina all’Università Statale, con il desiderio di diventare chirurgo. Una scelta coraggiosa, dettata dall’ammirazione per una professione che racchiudeva rigore, responsabilità e dedizione assoluta.
In questo breve estratto da un intervista di The Business of Fashion, Armani raccontava con grande sincerità:
“Studiavo medicina e, a un certo punto della mia vita, ho deciso che era il caso di occuparmi di altre cose, perché la medicina era molto lunga e gli studi erano molto difficili. E quindi, da lì, mi sono occupato di abbigliamento: prima in un grande magazzino, poi presso la grande industria. Poi ho scoperto nel tempo che potevo avere la mia casa di produzione, il mio nome, ed è lì che è nato Giorgio Armani”.
La sua parabola biografica dimostra come le passioni possono cambiare, e come il coraggio di abbandonare una strada tracciata possa aprire orizzonti inattesi. Se la medicina lo affascinava per la sua precisione e per la responsabilità del prendersi cura, nella moda Armani ritrovò lo stesso rigore, ma declinato in un linguaggio nuovo: quello dell’estetica, della leggerezza e del gesto quotidiano trasformato in stile.
Quel ragazzo che voleva diventare chirurgo non sparì mai del tutto. Rimase nel modo in cui Armani osservava i dettagli, con l’occhio clinico di chi sa distinguere il superfluo dall’essenziale. Rimase nella sua disciplina ferrea, nella capacità di creare ordine e armonia. Forse, in un altro universo, Giorgio Armani avrebbe potuto indossare il camice bianco. In questo, invece, ha scelto un’altra forma di precisione: quella delle sue creazioni, eleganti e impeccabili.