L’intervista a Francesca Schiavone
Il 5 giugno del 2010 è una data da incorniciare per il tennis femminile italiano: Francesca Schiavone entra nella storia vincendo la finale del Roland Garros e riportando uno Slam in Italia dopo 34 anni di astinenza. Siamo a Parigi, su terra rossa, con Francesca in una forma strepitosa e i suoi tifosi determinati a sostenerla. In campo ad attenderla c’era l’australiana Samantha Stosur, che arriva dalla vittoria su Serena Williams, ma che poco può fare contro la grinta della tennista italiana.
Quel giorno Francesca Schiavone entra nella Hall of Fame del tennis, nella Top5 del Ranking WTA. Il ritiro poi nel 2018 e l’annuncio nel 2020 della malattia, il linfoma di Hodgkin: “Ci sono giorni in cui ti senti a terra, stramazzata. Ma poi trovi la forza e ricominci. Mamma è stata colpita prima di me e mi ha insegnato ad affrontarla con coraggio” aveva spiegato in un’intervista. Dopo un anno, il respiro di sollievo e la notizia che il brutto male era stato sconfitto, con la stessa determinazione sempre dimostrata sul campo.
Sei stata la prima tennista italiana ad aver raggiunto la Top5 e ad aver partecipato a settanta tabelloni dei tornei dello Slam in un periodo di oltre vent’anni. Come si raggiunge tutto questo?
“Si raggiunge con grande dedizione, disciplina, amore e determinazione. Questi sono elementi fondamentali per raggiungere qualunque obiettivo, non solo nello sport ma anche negli altri settori. Sicuramente la mia forza è stato amare il tennis tantissimo, sentivo che lo spazio tra le righe era tutto mio e me lo potevo gestire come volevo. Ogni anno devi lavorare duramente per migliorare, anche perché non c’è un limite in questo sport ed è un grande vantaggio ma anche un grande stimolo continuo. Arrivare quarta del Mondo è stata la ciliegina sulla torta di un bellissimo e durissimo percorso fatto un passo alla volta”.
–Com’è cambiata la tua vita in quel 5 giugno 2010?
“La mia vita è cambiata a livello di comunicazione e di approccio con la gente. Da quel momento in poi ho distinto in modo ancora più marcato: “il gioco in campo” e il “lavoro fuori”, due lavori diversi da alimentare ogni giorno”.
–Che consiglio ti senti di dare a chi si approccia professionalmente al mondo del tennis?
“Vi consiglio di divertirvi, divertitevi! Trovate il vostro spazio, la vostra identità attraverso lo sport, attraverso una racchetta o un pallone o qualcos’altro. La libertà di espressione di noi stessi è deve essere sempre al centro del mondo”.
–La malattia che hai raccontato e vinto nel 2021 che cosa ti ha insegnato?
“Mi ha insegnato a calarmi nel presente e a viverlo, vivere ogni attimo come se fosse un dono e ogni difficoltà come una nuova opportunità. Ho imparato a godermi ogni gioia prendendomi del tempo e affrontare ogni difficoltà vivendola con amore e non in modo cattivo o di rabbia. Mi ha insegnato anche ad essere più generosa con il prossimo e a donare di più, considerando la fortuna e la meraviglia che ho avuto e che ho”.