Un tuffo nell’infanzia
L’attenzione all’infanzia come specifica fase evolutiva con relativi bisogni e compiti di sviluppo è stata una graduale conquista.
Da un’infanzia ignorata, che vedeva i bambini considerati come “piccoli adulti”, trascurandone i bisogni fondamentali, si è giunti ad un’infanzia che rischia di essere iper-attenzionata in cui, in maniera diversa, i bisogni del bambino continuano ad essere poco visibili.
I bambini di oggi vengono sovra stimolati sulla dimensione della performance, le loro giornate sono scandite da numerosi impegni che spesso non lasciano spazio al gioco e al tempo libero.
Parallelamente, l’ideale del “bambino perfetto” può indurre o ad ignorare manifestazioni di disagio che richiedono ascolto o a patologizzare naturali espressioni della soggettività e dei propri tempi di sviluppo. Sul bambino ideale si proiettano i genitori ideali, mamme e papà che ricercano nel figlio la conferma del proprio operato, il riconoscimento di essere dei buoni genitori.
Ciò può creare un corto circuito che rende difficile l’accoglienza del bambino reale, come persona diversa ed unica dotata di una soggettività.
La scuola: contesto di apprendimento e laboratorio sociale
Dopo la famiglia, il contesto formativo ed educativo in cui un bambino trascorre la maggior parte del tempo è la scuola. A scuola non si apprendono solamente nozioni didattiche ma si compie un’esperienza relazionale e gruppale fondamentale per la crescita. Il bambino si confronta con altri adulti di riferimento e con i propri pari. Si misura con regole, limiti e compiti.
La percezione che il bambino ha di sé, ed in particolare l’autostima e l’autoefficacia influenzeranno notevolmente l’esperienza scolastica. Inoltre, la famiglia svolge un ruolo fondamentale nel facilitare l’integrazione e l’adattamento del bambino nel contesto scolastico. Essenziale è la cooperazione tra scuola e famiglia nel rispetto dei diversi ruoli e competenze.
La sinergia tra le due agenzie educative garantisce al bambino un riferimento adulto ed educativo continuativo e coerente.
“Mio figlio non vuole andare a scuola!”
Sovente accade che un bambino non vuole più andare a scuola. Si possono verificare difficoltà nell’inserimento o nel corso dell’anno scolastico.
La manifestazione di non voler andare a scuola non sempre avviene con una comunicazione chiara ed esplicita, molti bambini tendono a somatizzare numerosi “mal di pancia”. Spesso comprensibilmente il genitore chiede al bambino perché non vuole andare a scuola. Ciò è importante perché rispecchia il tentativo di un dialogo aperto ma può non essere sufficiente.
Non sempre un bambino, come del resto un adulto, è consapevole delle reali motivazioni celate dietro un disagio. Possono esistere diverse motivazioni, tra cui un profondo senso di insicurezza, difficoltà con i pari e ansia da separazione, che in realtà non appartiene mai solo al bambino ma anche al genitore. Se la difficoltà diviene pervasiva, continuativa e parallelamente si manifestano altre difficoltà che compromettono il funzionamento del bambino (ad esempio: difficoltà nelle autonomie, disagio con il cibo e nel sonno, difficoltà relazionali, frequenti somatizzazioni ecc.) è importante confrontarsi con la scuola e richiedere un aiuto specialistico. Anche se nell’insorgenza del problema hanno inciso elementi del contesto scolastico è importante lavorare sulla soggettività del bambino, non inteso come una nomade, ma considerandolo nella profonda interconnessione con gli altri membri della famiglia. Può essere molto utile una psicoterapia familiare in cui comprendere i significati profondi del disagio del bambino, che è sempre anche un’espressione di difficoltà familiari. Il rifiuto scolastico può quindi rappresentare l’opportunità per prendersi cura della famiglia, riattivandone le risorse e favorendone la crescita.
Nel lavoro psicoterapeutico con la famiglia i genitori non vengono considerati “colpevoli”, ma preziosi alleati nella comprensione e nella cura. Per i genitori è importante superare il possibile “timore del giudizio” e saper chiedere aiuto, umanizzando le proprie difficoltà. L’intervento precoce in infanzia ha un ampio valore preventivo e migliora l’efficacia del trattamento.
Dott.ssa Giulia Gregorini
Psicologa – Psicoterapeuta