lunedì, Novembre 10, 2025
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1 dicembre: giornata mondiale di lotta all’AIDS, una malattia ancora sottovalutata

L’impegno per contrastare l’AIDS

Informare e informarsi può fare la differenza, soprattutto quando si parla di infezione da HIV. In questi ultimi anni il mondo si è impegnato a fermare la diffusione di questo virus, facendo prevenzione prima di tutto. Secondo le statistiche i giovani continuano ad essere vulnerabili all’infezione da HIV, soprattutto le giovani dell’Africa Sub-Sahariana; dai dati risulta inoltre che gli adolescenti sono a più alto rischio di infezione attraverso la trasmissione sessuale. Ci sono purtroppo ancora molte informazioni errate, confuse e fantasiose, diffuse fra i giovani.

È come se di fronte all’Aids, i giovani vedessero il problema molto lontano, invece sono proprio loro i più colpiti e da qualche anno sono cambiate le modalità di infezione: sono diminuiti i tossicodipendenti sieropositivi e sono aumentati i casi attribuibili a trasmissione sessuale, sia etero sia omosessuale.
Purtroppo si trascura la prevenzione, si ignora il test e si dimenticano quelle precauzioni – primo fra tutti il preservativo – che potrebbero diminuire il rischio di diffusione dell’infezione. Bisogna abbattere il muro di silenzio sorto in questi anni intorno a una malattia che mette a rischio soprattutto i giovani e fare più informazione. L’importanza di un’informazione puntuale e mirata sui comportamenti a rischio e sulle possibilità di difendersi dall’HIV, a partire dai rapporti protetti, può essere la chiave per contrastare davvero la diffusione di questo virus, mettendo a conoscenza dei rischi e ricordando che proprio la disinformazione e l’emarginazione aumentano la diffusione dell’Aids.

I dati sull’incidenza dell’HIV

I dati 2022 sulle nuove diagnosi da HIV in Italia, elaborati dal Centro Operativo AIDS dell’Istituto Superiore di Sanità, disegnano una situazione epidemiologica in linea con quella dei paesi più avanzati. Si confermano, tuttavia, anche alcune persistenti criticità, prima fra tutte quella delle diagnosi tardive, in progressivo aumento in Italia, molto sopra la media europea.

La curva delle nuove infezioni è in netta discesa da oltre un decennio. Tuttavia, nel 2022 sono stati 1880 i casi notificati che, con i ritardi di notifica si stima arriveranno a circa 2 mila, in lieve ripresa rispetto ai 1770 del 2021 (erano stati 1303 nel 2020, il minimo storico, per effetto della pandemia da COVID). Nell’ultimo biennio, dunque, l’andamento al ribasso sembra essersi fermato muovendosi su livelli più stabili. È possibile che il sistema dei servizi per le malattie infettive risenta ancora degli stravolgimenti causati dal COVID. Le segnalazioni diminuiscono o restano stabili in tutte le fasce d’età, sia in numeri assoluti, sia in percentuale, a eccezione, di quella degli over 50 che, percentualmente, vede un crescente aumento di segnalazioni. Le nuove diagnosi che riguardano i grandi adulti e gli anziani passano dal 17,2% del 2012 al 31,2% del 2022 arrivando a rappresentare un terzo del totale. L’84% delle diagnosi è legato alla trasmissione sessuale. Le diagnosi dovute a rapporti eterosessuali non protetti rappresentano il 43% del totale, quelle dovute a rapporti sessuali non protetti tra MSM, uomini che fanno sesso con altri uomini, sono quasi il 41%. Tra gli eterosessuali che hanno ricevuto una nuova diagnosi i maschi sono circa il 25%, le donne quasi il 18%.

Il problema delle diagnosi tardive

Nel 2022 quasi il 60% (58,1%) di chi ha ricevuto la diagnosi di HIV era già in AIDS (403 persone) o prossimi a questa condizione; non a caso il motivo principale per cui le persone hanno eseguito un test (oltre il 40%) è stato la comparsa di sintomi o di patologie AIDS correlate e solo il 24% ha eseguito il test perché consapevole di aver avuto rapporti non protetti. Al terzo posto, con quasi il 9%, prende consistenza la percentuale di chi esegue il test nell’ambito di altri controlli e in occasione di campagne informative o di screening, sul modello di quelle offerte da diverse ONG. Un dato che conferma l’importanza dei test offerti da check point, servizi friendly, non sanitari, vicini ai target meno propensi a rivolgersi ai servizi tradizionali.

I late presenter – ovvero le persone che al momento della prima diagnosi di sieropositività hanno un numero di linfociti CD4 minore di 350 cell/µL o hanno una patologia indicativa di AIDS indipendentemente dal numero di CD4 – sono in aumento per tutte le modalità di trasmissione ma i con profili di rischio più alti nella popolazione eterosessuale, soprattutto maschile. In particolare, nel 2022 hanno ricevuto diagnosi tardive i 2/3 degli eterosessuali maschi (circa il 66%) italiani e stranieri e più della metà delle donne eterosessuali. Per gli MSM (uomini che fanno sesso con altri uomini) la percentuale è del 50%. La probabilità di diagnosi tardive cresce, inoltre, con il crescere dell’età rappresentando tra i maschi, soprattutto eterosessuali, il 69,3% nella fascia 50-59 anni e il 79,2% negli ultrasessantenni; numeri inferiori ma sempre molto alti anche tra le donne delle stesse fasce d’età. Le diagnosi tardive sembrano, dunque, più numerose in gruppi di popolazione e in fasce d’età che non si percepiscono a rischio e/o che sono percepite come tali. Dal punto di vista dei late presenter, l’Italia è osservata speciale in Europa: 58% è il dato delle diagnosi tardive in Italia, 51% la media europea.

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