Lo stato pandemico sembra aver evidenziato un allarme, precedentemente silenzioso, del malessere adolescenziale.
Appaiono in aumento gli stati depressivi, gli agiti aggressivi, i tentativi di suicidio, le tossicodipendenze e le dipendenze comportamentali.
Acquisendo come prospettiva di osservazione e comprensione la premessa che considera il Covid-19 un fenomeno paranormativo, imprevisto e potenzialmente traumatico, è fondamentale immaginare che possa aver slatentizzato sofferenze e fragilità precedentemente sommerse.
L’adolescenza come cartina tornasole
La fase di sviluppo adolescenziale rappresenta una cartina tornasole, che riflette le esperienze infantili e i legami di attaccamento precocemente strutturati.
È considerata il tempo dell’autonomia e della costruzione dell’identità in cui ci si sperimenta con graduali movimenti di separazione dalla famiglia d’origine, investimenti affettivi sulla rete amicale, primi coinvolgimenti amorosi ed esperienze sessuali.
Avviene una trasformazione corporea e uno stravolgimento di interessi e abitudini.
La spinta all’autonomia, enfatizzata nei modelli socio culturali odierni, rischia di offuscare l’importanza dell’appartenenza.
Non ci si può separare dalla propria famiglia di origine senza prima aver sviluppato un senso di appartenenza.
Non si può entrare a pieno nell’adolescenza se non si sono soddisfatti i bisogni dell’infanzia.
Le esperienze infantili di dipendenza sana all’interno della famiglia sono quindi essenziali per sviluppare un senso di appartenenza, compiere i necessari passaggi di separazione e crescita e sentire una buona fiducia in sé stessi e nel mondo.
Paura di crescere
Sovente il sintomo attraverso cui l’adolescente esprime il proprio malessere sottende un blocco evolutivo, una difficoltà ad affrontare il passaggio di crescita.
Rappresenta quindi un momento fondamentale per affrontare nodi emotivi irrisolti.
Non si può comprendere il malessere individuale adolescenziale senza ampliare la prospettiva di conoscenza all’intero nucleo familiare.
Il sintomo adolescenziale racchiude sempre un significato anche relazionale.
Genitori amici
Sempre più spesso in stanza di terapia incontriamo genitori emotivamente adolescenti, che hanno avuto probabilmente poco spazio per vivere la propria adolescenza, sopraffatti da precoci responsabilità. È un fenomeno che riduce il confine e la differenza generazionale.
Il malessere del figlio quindi, sottende la possibilità di favorire la crescita dell’intero nucleo familiare, ristrutturando ruoli e confini.
Per un adolescente, è infatti fondamentale ricevere limiti e percepire autorevolezza, ingredienti che permettono di riconoscere una guida e sentire un contenimento.
È altresì fisiologico “distruggere” transitoriamente l’immagine dei genitori, ed è essenziale percepire che possono sostenere sfide e provocazioni.
I ruoli sono quindi determinanti, disconfermando il modello del “genitore-amico”, che può essere inconsapevolmente dannoso e confondente.
Un adolescente che non percepisce nessuno “sopra” di sé sperimenta un forte vissuto di solitudine e un pericoloso senso di onnipotenza.
L’adolescenza prolungata
Quanto dura l’adolescenza?
I riferimenti temporali appaiono sempre più sfumati.
La condizione socio-economica, che vede un tardivo raggiungimento dell’autonomia economica dei giovani rischia di colludere con dinamiche emotive che inconsapevolmente ostacolano il processo di svincolo dei figli dalle famiglie d’origine.
È quindi fondamentale volgere uno sguardo anche agli aspetti psichici connessi alla dimensione pratica dell’esperienza, con la finalità di raggiungere la consapevolezza di sé e un ruolo attivo nella determinazione della realtà.
“Penso che se durante l’adolescenza non esiste contrasto tra padri e figli, ciò significhi che non si sta crescendo e che quindi si rimane in un’età della fanciullezza che non pone grandi problemi nel quotidiano, ma espone al rischio di un infantilismo strutturale o prolungato.” (Vittorino Andreoli)
A cura della Dott.ssa Giulia Gregorini
Psicologa – Psicoterapeuta