Il titolo dell’articolo si propone di avviare una riflessione importante sul ruolo dei papà durante i nove mesi di gravidanza. Numerosi contenuti offrono un focus sul vissuto delle mamme in attesa, ma come affrontano i papà un periodo preludio di grandi cambiamenti concreti ed emotivi? Non esiste una risposta universale, sconnessa dall’unicità della persona e dalla specificità della situazione, ma si possono fotografare degli elementi che riguardano trasversalmente l’esperienza comune, scopriamoli insieme.
Il senso di estraneità
Durante i nove mesi di gravidanza esiste una differenza evidente tra la mamma e il papà. La mamma sente la gravidanza, il papà la pensa. Ciò significa che il corpo della mamma è protagonista di sensazioni e percezioni tangibili di cambiamento, della generazione della nuova vita. Il papà può partecipare esternamente al coinvolgimento corporeo della mamma. Ciò può contribuire ad avere dei tempi differenti di consapevolezza della nuova esperienza. Alcuni papà possono esperire un iniziale senso di estraneità, una difficoltà a sentirsi parte attiva del momento evolutivo familiare.
La paura di non essere all’altezza
Una difficoltà comune di molti neo papà riguarda l’assenza di un modello identificativo. “Come si fa il papà?” Non esiste un manuale d’istruzione per essere genitori ma ciascuno si identifica con alcuni modelli esperiti ed interiorizzati. Il rischio è che molti nuovi padri si sentano smarriti e inadeguati, non riconoscendosi nel modello dei loro padri, appartenenti ad una società diversa e associato a un atteggiamento autoritario, all’assenza di comunicazione, alla distanza emotiva, e non trovino nuovi modelli con cui confrontarsi. I papà non sono “mammi” e non svolgono una funzione interscambiabile, ma specifica. È fondamentale che “l’ansia del fare” ceda il posto alla “possibilità di essere”, di trovare il proprio modo di diventare papà, abbandonando ideali utopici ed umanizzando il proprio vissuto, le aspettative, i timori e i bisogni.
La coppia: un equilibrio precario
La coppia è la colonna portante ma anche la dimensione più fragile della famiglia. In particolare, quando si affronta il passaggio dall’essere in due al diventare tre, da diade a triade, è fisiologico attraversare un momento critico evolutivo. Sono molti gli aspetti emotivi e concreti coinvolti ed in particolare per molte coppie si instaura una dinamica che vede il neo papà in una posizione esterna rispetto alla polarizzazione della neo mamma sulla funzione genitoriale. Si fa fatica a ritrovare l’intesa e la complicità di coppia. È auspicabile aspirare ad una complementarietà, alla fondamentale co-genitorialità, delineando un confine tra la dimensione coniugale e la dimensione genitoriale, inevitabilmente interconnesse. La mamma dovrà fare spazio al papà nella cura del figlio, ed il papà dovrà inserirsi e costruire la propria relazione intima con il bambino. Questi brevi input di riflessione intendono fornire un focus sull’importanza del ruolo del papà, sulla possibilità di riconoscere la specificità di un’esperienza unica, tra timori e desideri, tra ostacoli e nuovi traguardi.
Dott.ssa Giulia Gregorini
Psicologa – Psicoterapeuta