giovedì, Marzo 27, 2025
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Donne lasciate sole ad accudire figli malati: anche questa è violenza di genere

Una solitudine silenziosa e coraggiosa

La malattia oncologica è un peso devastante che colpisce non solo il paziente, ma anche coloro che lo circondano. Tra le persone più toccate da questa difficile esperienza, spesso sono le madri e le donne della famiglia che si ritrovano a sostenere il ruolo principale nell’accudimento di un figlio malato. L’affrontare questo tipo di realtà può essere un percorso travagliato e isolante, portando molte di loro a una solitudine silenziosa e coraggiosa.

A tal proposito, Fondazione Heal, progetto che assiste pazienti minori oncologici con servizi di trasporto solidale e fondi per la ricerca, ha espresso la sua vicinanza all’argomento, denunciando questo tipo di situazione tramite le parole del fondatore Simone De Biase.

Donne lasciate sole: una forma di violenza di genere

“Noi di Fondazione Heal abbiamo incontrato una forma di violenza di genere con cui ci siamo confrontati e scontrati, che riguarda donne lasciate sole dai padri ad affrontare la malattia dei loro bambini e delle loro bambine. Una forma di violenza meno nota ma che colpisce moltissime donne in un momento drammatico e di estrema fragilità. Ne siamo stati testimoni durante i lunghi ricoveri ospedalieri, le terapie, i momenti in cui un paziente oncologico è costretto a stare settimane in ospedale, e poi con l’assistenza alle famiglie con il nostro servizio di trasporto solidale. Abbandonate all’interno dei reparti da uomini molto lontani dai bisogni, sia fisici che emotivi del bambino e della compagna. Lascio immaginare quale sia la condizione di una donna costretta a passare 24 ore su 24 in un reparto per settimane, a volte mesi, senza poter mai allontanarsi da un bambino piccolo, che reclama costantemente la sua presenza, non concedendo alla madre neanche la possibilità di uscire a prendere una boccata d’aria”. Così interviene il fondatore della Fondazione Heal Simone De Biase.

Non c’è solo la gestione della malattia

“Ci sono figure maschili – spiega De Biase – che obbligano totalmente all’accudimento le donne, dove non c’è una sorta di accudimento circolare all’interno della famiglia: non ci sono un padre e una madre che riversano l’uno sull’altro quella forma di custodia necessaria in una circostanza così drammatica come la malattia di un figlio. Sono donne totalmente prive di supporto: sono schiacciate dalla disperazione della scoperta della malattia e dalla malattia stessa, ma devono gestire anche la delusione e la solitudine che deriva da questo tipo di abbandono.
Con la Fondazione Heal abbiamo conosciuto donne che sono state tre mesi ricoverate insieme ai figli, i cui padri facevano sporadiche apparizioni in reparto. A volte, donne lasciate dai propri partner che hanno approfittato di quel momento per tradirle e, in alcune circostanze, per lasciarle definitivamente, abbandonandole alla gestione della situazione”.

“Cambia l’identità del padre, cambia l’identità della madre”

Prosegue il fondatore di Fondazione Heal: “Nel momento della malattia tutto si distrugge, tutti gli equilibri familiari vengono distrutti. A seguito di questa deflagrazione, che porta il nome di “tumore”, ciascuno dovrebbe riorganizzarsi per essere di supporto al prossimo. Perché si cambia l’identità, cambia l’identità del paziente che non si riconosce come malato, cambia la propria percezione di sé, cambia la percezione del proprio corpo. Cambia l’identità del padre, cambia l’identità della madre. E questo cambio è necessario, affinché ci si senta coinvolti nell’accudimento. È una condizione molto frequente, più di quello che si crede e che riguarda tutte le categorie sociali”.

 

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