Un cuore artificiale tutto italiano
Entro due anni sarà completato il prototipo del primo cuore artificiale interamente “italiano”. Ad annunciarlo è il Dott. Gino Gerosa, cardiochirurgo e direttore dell’Unità operativa di Cardiochirurgia dell’Azienda ospedaliera universitaria di Padova, il quale da tempo sta dedicando sforzi al progetto che ha il potenziale di rivoluzionare la vita di numerosi pazienti affetti da patologie cardiache. Nel suo intervento alla conferenza stampa che si è tenuta qualche giorno fa al Senato, il medico padovano ha avuto l’occasione di parlare delle potenzialità di quella che può essere considerata a tutti gli effetti una nuova frontiera della cardiochirurgia.
La mancanza di donatori di “qualità”
Il Dott. Gerosa ha sottolineato che attualmente solo un terzo delle persone che necessitano di un trapianto di cuore riesce a ottenerlo. Il problema, afferma, non è la carenza di donatori, bensì la “qualità” degli stessi. “Prima della legge sull’obbligo del casco in moto, morivano tanti ragazzi giovanissimi e l’età media dei donatori di cuore era sui 18 anni. Oggi non ci sono giovani che muoiono per morte cerebrale – per fortuna – e i donatori di cuore hanno un’età media sopra i 60 anni”, ha aggiunto.
Con l’innovazione del trapianto di un cuore fermo per oltre 45 minuti, si potrebbe già incrementare del 30% il numero attuale di trapianti. Tuttavia, il cardiochirurgo sottolinea che ciò significa che ancora il 60% delle persone in lista d’attesa non riuscirà a ricevere un trapianto.
“Il progetto costerebbe 50 milioni”
Secondo le stime del Dott. Gerosa, la realizzazione di un cuore artificiale completamente italiano avrebbe un costo di “circa 50 milioni su un periodo plausibile di 5 anni”. Egli sottolinea che questa cifra non gli sembra eccessiva. Il medico ipotizza anche la possibilità di una partnership pubblico-privato e identifica due potenziali attori: “Leonardo, un’azienda che fa armi – spiega Gerosa – e che avrebbe la possibilità di creare un’arma di vita»; l’altro partner privato «potrebbe essere Ferrari. È vero – continua – che non è nel core business di Ferrari creare device medicali, ma la tecnologia che c’è all’interno di una macchina è sicuramente utilizzabile in molti casi anche per un cuore artificiale”.
Già due cuori artificiali disponibili nel mondo, ma non soddisfacenti
Attualmente, come ha sottolineato Gerosa, ci sono due cuori artificiali disponibili al mondo. Uno è di origine nordamericana, pneumatico e caratterizzato da un rumore notevole, con il difetto di non garantire una qualità di vita soddisfacente. L’altro, più recente, proviene dalla Francia ed è tecnologicamente più sofisticato, ma presenta dimensioni eccessive. Meno del 75% degli uomini e meno del 25% delle donne sono considerati potenziali destinatari di questi dispositivi. Il trapianto di cuore, al momento, rimane la soluzione terapeutica più efficace, non solo in termini di sopravvivenza – il 50% dei pazienti trapiantati vive ancora a 10 anni dal trapianto – ma soprattutto per la qualità della vita che riesce a garantire.


