Almeno 8 ore davanti ad uno schermo. Secondo un recente sondaggio, gli adolescenti – complici la pandemia e un mondo sempre più digitale – trascorrono la stragrande maggioranza del proprio tempo di veglia con gli occhi fissi su televisione, console per videogame, tablet, smartphone e pc.
Figli iperconnessi
I dati derivano dal sondaggio curato da Società Italiana di Pediatria, Polizia di Stato e Skuola.net e condotto su un campione di 10mila studenti (6.500 ragazzi tra 15 e 18 anni e 3.500 tra 9 e 14 anni) costituito per il 65% da ragazze e per il 35% da ragazzi, rappresentativo di tutto il territorio nazionale. Ma cosa fanno i giovanissimi con la tecnologia? Al di fuori della didattica, i dispositivi vengono usati soprattutto per comunicare con gli amici (36%, mentre nel 2019 era il 24%), per i social (24%), per guardare video o film (21%), per giocare ai videogame (11%), e poco per fare ricerche (8% contro il 19% del 2019). In questo panorama è importante riuscire a fare in modo che bambini e ragazzi sfruttino il web per le sue caratteristiche migliori, evitando i rischi connessi all’uso di queste piattaforme.
I ragazzi del muretto (virtuale)
Le piazze virtuali come Facebook, Instagram, Twitter e TikTok e le piattaforme di messaggistica istantanea stanno sostituendo i luoghi di incontro reali. Ma con risultati scarsi. Se da una parte è vero che la rete viene utilizzata soprattutto per socializzare, proprio come un luogo – seppur virtuale – di ritrovo dopo la scuola, dall’altra è evidente che non possa sostituire quell’appuntamento alla sala giochi o quel compleanno trascorso insieme in pizzeria. A confermarlo, d’altronde, sono gli stessi intervistati: il 25% dei ragazzi coinvolti nel afferma di sentirsi più isolato e avverte la mancanza di una relazione in presenza. Secondo un recente report del Parlamento Europeo, la crescita dell’uso degli strumenti digitali per stare insieme agli altri può avere conseguenze negative, come la possibile perdita di alcune relazioni e la sostituzione di relazioni esistenti.
DAD: non siamo pronti per la didattica a distanza!
Secondo l’Unesco, sono circa un miliardo gli studenti costretti a casa dall’emergenza Covid-19. Così via libera alla DAD per grandi e piccini, pur non avendone gli strumenti. La didattica a distanza si propone come strumento democratico: portare l’istruzione nelle case di tutti. Ma nella realtà le cose vanno diversamente: non in tutte le zone del Bel Paese la connessione è in grado di sostenere ore di videocollegamento e non tutte le famiglie hanno a disposizione i device necessari (diciamolo, chi ha tre figli, dovrebbe avere tre pc a disposizione?). Inoltre, la scuola: il personale didattico non ha definito il programma annuale pensandolo attraverso un monitor, bensì tra i banchi di scuola, dove la partecipazione, lo scambio e la cura di un pensiero critico trovano terreni decisamente più fertili.
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