Approvata da Aifa una compressa che frena la progressione del cancro e i sintomi.
Fino a pochi anni fa, per gli uomini affetti da tumore alla prostata metastatico, resistente alla castrazione e con mutazioni dei geni BRCA1 o BRCA2, le opzioni terapeutiche erano molto limitate. Si trattava di una forma di cancro particolarmente aggressiva, con una prognosi spesso sfavorevole e aspettative di vita di pochi mesi.
Oggi, però, la situazione è profondamente cambiata: grazie ai progressi della ricerca e all’arrivo di nuovi trattamenti, la sopravvivenza dei pazienti è aumentata sensibilmente. L’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) ha infatti approvato una nuova terapia orale, ora rimborsata dal Servizio Sanitario Nazionale, che combina niraparib e abiraterone acetato. Questa compressa a doppia azione ha dimostrato di rallentare in modo significativo la progressione della neoplasia e di migliorare la qualità di vita dei pazienti.
I benefici della nuova compressa
«Per molto tempo – spiega Marco Maruzzo, direttore dell’Oncologia 3 dell’IRCCS Istituto Oncologico Veneto – l’unica possibilità terapeutica in questa fase era l’aggiunta della chemioterapia con docetaxel alla terapia di deprivazione androgenica. L’introduzione, tre anni fa, di apalutamide ha rappresentato un primo passo avanti, garantendo un miglior controllo della malattia e una buona tollerabilità. Ora, con la combinazione di niraparib e abiraterone, i risultati sono ancora più incoraggianti».
Il niraparib agisce impedendo alle cellule tumorali di riparare il proprio DNA, mentre abiraterone acetato blocca la produzione di testosterone, l’ormone che favorisce la crescita delle cellule tumorali.
La terapia, da somministrare insieme a prednisone o prednisolone, è indicata per i pazienti adulti con tumore prostatico metastatico e resistente alla castrazione con mutazioni BRCA1/2, per i quali la chemioterapia non è considerata opportuna.
Il test BRCA è fondamentale anche per gli uomini
Nel 2024 in Italia sono stati diagnosticati oltre 40.000 nuovi casi di tumore alla prostata, il più frequente tra gli uomini sopra i 50 anni. Grazie alla diagnosi precoce e a trattamenti sempre più efficaci, oltre il 90% dei pazienti riesce oggi a guarire o a convivere per lungo tempo con la malattia: si stima che siano più di 485.000 gli italiani che hanno ricevuto questa diagnosi.
Ma per impostare la terapia più efficace è fondamentale conoscere le caratteristiche biologiche del tumore.
«In presenza di una forma metastatica – sottolinea Elena Verzoni, dirigente medico alla Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano – il test BRCA è uno step imprescindibile. Sebbene sia più noto per i tumori femminili come quelli a seno e ovaio, il suo ruolo è rilevante anche per prostata e pancreas. Identificare mutazioni nei geni BRCA consente di orientare meglio la terapia e di offrire ai familiari un percorso di consulenza genetica per individuare eventuali portatori a rischio».
Una neoplasia complessa, ma con nuove prospettive
Il carcinoma prostatico metastatico resistente alla castrazione rimane una patologia difficile da trattare, soprattutto in presenza di mutazioni BRCA1/2, che si riscontrano nel 10-15% dei casi. Queste alterazioni genetiche rendono il tumore più aggressivo e meno reattivo alle terapie convenzionali.
Tuttavia, i risultati dello studio di fase 3 MAGNITUDE, alla base dell’approvazione Aifa, hanno evidenziato un netto miglioramento della sopravvivenza libera da progressione nei pazienti con mutazioni dei geni della riparazione del DNA (HRR-positivi), con benefici ancora più marcati nei portatori di mutazioni BRCA1/2.
Il farmaco è in valutazione anche per i pazienti con tumore prostatico metastatico sensibile agli ormoni, come dimostrano i dati incoraggianti dello studio AMPLITUDE, che ne confermano efficacia e sicurezza.
L’importanza della diagnosi precoce
«È essenziale – conclude Ferruccio Buora, consigliere dell’associazione Europa Uomo – che le terapie innovative siano rese disponibili rapidamente a chi ne ha bisogno. La prevenzione e la diagnosi precoce restano i pilastri fondamentali per aumentare le possibilità di guarigione e ridurre la necessità di trattamenti invasivi. Allo stesso tempo, garantire l’accesso alle nuove terapie significa migliorare non solo la durata, ma anche la qualità della vita dei pazienti».


