Negli ultimi tempi si è diffusa anche nel mondo della moda la possibilità di valorizzare un corpo diverso da quello longilineo, scolpito e tonico, sponsorizzato dai mass media negli ultimi decenni.
Il corpo non rappresenta un’entità scissa dalla propria identità, bensì ne è una parte fondamentale su cui si somatizzano emozioni irrisolte e si proiettano sentimenti interni, non sempre consapevoli.
Il rapporto con il proprio corpo riflette la relazione più ampia e complessa che si ha con sé stessi.
Attraverso il corpo entriamo in contatto con l’altro, esprimiamo il linguaggio non verbale, veicoliamo messaggi comunicativi, siamo esposti al “giudizio sociale”.
Rifletteremo insieme su alcuni degli aspetti che riguardano il rapporto delle donne con il proprio corpo, integrando una prospettiva psicologica ad uno sguardo sociale.
Il peso delle aspettative
Esiste ancora un peso delle aspettative severo, quasi disumano sul genere femminile sublimato anche sul corpo.
Una donna deve essere una figlia attenta, una brava madre, un’efficace lavoratrice, una passionale moglie e in forma fisica eccellente.
Sul corpo femminile sembra esserci una particolare propensione a sentirsi autorizzati ad elargire giudizi, commenti e critiche, anche se non richieste e non oggetto di discussione.
La forma fisica sembra quasi rappresentare un criterio richiesto nei curriculum di presentazione.
L’autostima
Gli specchi che incontriamo, l’immagine di noi che gli altri ci rimandano, assumo significato soggettivo e personale in base alla percezione che la donna ha di sé, alla propria autostima.
L’autostima contempla un valore personale incondizionato.
Un amore di sé, ed un diritto a perseguire la propria serenità che non dipendono dalle prestazioni, dalle performance, dal riconoscimento esterno.
La storia di alcune donne spesso vede un vissuto infantile di “brave bambine”, connesso anche ad una visione sociale della femminilità.
Le brave bambine sono coloro che hanno sentito di non poter creare problemi nelle loro famiglie, di dover comportarsi in modo rigoroso e impeccabile, sviluppando una sensibilità al giudizio, non empatizzando con le proprie fragilità e con i propri bisogni.
Bambine che hanno sentito di dover essere “brave” per essere amate.
Le donne che hanno maturato una tendenza a giudicarsi, a svalutarsi, sono esposte al confronto con ideali di perfezione irraggiungibile, rispetto cui si sentiranno facilmente inadeguate e non all’altezza.
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L’ accettazione di sé
L’accettazione di sé non può avvenire senza aver accettato la propria storia, aver fatto pace con le proprie origini.
L’accettazione si sviluppa attraverso un percorso di conoscenza e consapevolezza di sé e permette di essere meno giudicanti anche con gli altri.
Accettarsi significa amarsi. L’accettazione pone quindi le basi per sentire il diritto ad essere amate, non accontentandosi di rapporti svalutanti o non fondati sulla reciprocità.
Inoltre, accettarsi permette di prendersi cura di sé.
Prendersi cura di sé
Prendersi cura di sé significa curare la propria persona a 360°, sia per quanto riguarda il corpo sia per quanto riguarda l’aspetto psichico ed emotivo.
La valorizzazione di corpi femminili “Curvy”, caratterizzati da forme abbondanti e sinuose, non significa svalutare i corpi magri, né confondere un corpo sinuoso con un corpo obeso o in grave sovrappeso.
Gli aspetti medici richiedono chiaramente un’attenzione non trascurabile.
Un mondo a colori
Sostenere la valorizzazione di fisicità alternative ai rigidi stereotipi trasmessi mediaticamente, significa supportare la possibilità di espressione della soggettività, favorendo il passaggio da modello a persona, abbandonando l’ideale e abbracciando la propria umanità.
Articolo cura della Dott.ssa Giulia Gregorini
(Psicologa – Psicoterapeuta)