L’ernia del disco nasce da una degenerazione del disco vertebrale, con un indebolimento del legamento anulare che contiene il disco e la conseguente fuoriuscita di un pezzo di disco all’interno del canale vertebrale. Qui sono contenute le radici e quando una di queste schiacciata parte l’irritazione della radice stessa, con dolore ed eventualmente un deficit al muscolo innervato da quella specifica radice. Approfondiamo l’argomento insieme al Dott. Mattia Bruzzo, Neurochirurgo spinale.
Quali differenze tra ernia del disco cervicale e lombare?
L’ernia del disco può interessare sia la zona lombare, sia quella cervicale. La differenza sta nel fatto che a livello lombare abbiamo soltanto delle radici periferiche. A livello cervicale abbiamo anche il midollo cervicale, che se schiacciato in maniera importante può dare dei gravi danni che difficilmente possono essere recuperati.
Quali sono le cause della patologia?
La degenerazione del disco, quindi il suo invecchiamento. Il sovraccarico, i traumi ripetuti, le posture sbagliate protratte nel tempo. Insomma, tutto ciò che lede le strutture di contenimento del disco e aumenta in maniera esagerata la pressione del materiale discale sulle strutture di contenimento.
Vi sono soggetti più colpiti di altri?
Generalmente sono più colpite le persone di mezza età. Tuttavia sono spesso interessati anche i giovani che a causa di traumi o per predisposizione genetica possono sviluppare una discopatia e quindi una successiva fuoriuscita di disco vertebrale all’interno del canale vertebrale.
E gli sportivi?
Ci sono categorie che sono più soggette a delle modificazioni dell’assetto corretto della colonna vertebrale. È il caso degli sport di impatto, ad esempio la pallavolo, uno sport che a causa di traumi ripetuti sulla colonna può portare a delle alterazioni che possono portare all’ernia del disco. Come anche le ginnaste e i ginnasti e tutti coloro che praticano sport di alto impatto. Tuttavia, con una buona preparazione atletica questa evenienza può essere prevenuta.

Solo il dolore tra i sintomi?
Il dolore è un sintomo comune. Può essere un dolore solitamente lateralizzato, ma – invece della schiena o del collo – può anche far male il braccio nel caso dell’ernia cervicale o una gamba nel caso dell’ernia lombare. Il dolore si può associare o meno ad un deficit muscolare. Un esempio: se ho una compressione della radice di L5 avrò difficoltà a dorsiflettere il piede.
Di fronte al dolore, come comportarsi?
Innanzitutto il paziente si deve rivolgere al medico di base che lo indirizzerà verso il neurochirurgo spinale nel caso in cui le terapie mediche comuni non diano risultati dopo 20 30 giorni di trattamento. In caso di sospetta ernia del disco il medico è giustificato a richiedere accertamenti come la risonanza magnetica, che è il gold standard per una diagnosi precisa.
Una volta definita la diagnosi, come si procede?
Bisogna verificare la presenza o meno di deficit. Se ci sono dei deficit motori bisogna operare, perché non si può rischiare di aspettare e far sì che il deficit si consolidi diventando anche potenzialmente irrecuperabile. Se invece vi è solo dolore o un po’ di disturbo sensitivo si può procedere con una terapia antinfiammatoria e antidolorifica importante; in seconda battuta è possibile provare la terapia infiltrativa, di solito con due infiltrazioni a distanza di 15 giorni, per disinfiammare direttamente in situ la radice.
Quando è necessario l’intervento?
Se neanche queste procedure danno benefici e il paziente continua ad avere dolore bisogna intervenire chirurgicamente. L’intervento, a seconda della compresenza o meno di altri fattori, può essere una semplice asportazione dell’ernia o una artrodesi vertebrale. Mi spiego meglio: se l’ernia è fuoriuscita perché c’è anche una instabilità vertebrale conclamata si fa, oltre all’asportazione dell’ernia, anche la fissazione delle due vertebre dalle quali è uscita l’ernia stessa. Se invece c’è una semplice ernia del disco si procede con l’intervento di asportazione che può essere condotto con tecnica microscopica o con tecnica endoscopica
L’endoscopia ha maggiori benefici?
La tendenza oggi e per il futuro è quella di ricorrere all’endoscopia poiché è una metodica mininvasiva. Non vi è taglio ma solamente un piccolo buchino nella pelle. Inoltre in endoscopia si lavora nell’acqua, quindi non c’è contatto con l’aria e il rischio infettivo è praticamente azzerato, come anche la possibilità di andare ad alterare la struttura muscolare coinvolta.
E dopo intervento?
La stragrande maggioranza dei pazienti ravvisa un immediato benessere con la cessazione del dolore. A volte sintomatologie protratte nel tempo possono lasciare un residuo di infiammazione che impiega dai 15 ai 20 giorni a regredire.
Il paziente si alza lo stesso giorno dell’intervento ma deve indossare un bustino per assicurarsi di non commettere flesso estensioni esagerate per circa un mese, in modo tale da facilitare la chiusura del buco nel quale è uscita l’ernia
La raccomandazione è adottare uno stile di vita adeguato, mantenere il peso forma e una buona attività di controllo muscolare intorno alle vertebre attraverso esercizi di potenziamento muscolare addominale e paravertebrale.