Estate, l’influenza delle credenze popolari sulle vacanze
L’estate è finalmente arrivata e con essa, ritornano le tanto attese vacanze, ma anche le credenze popolari che hanno accompagnato le ferie di generazioni di italiani. Questi miti estivi, raccontati sotto l’ombrellone o in cima a una baita, continuano a vivere nel tempo. Infatti, ben 9 italiani su 10 hanno sentito parlare almeno una volta nella vita di questi “intramontabili” miti estivi.
A rivelarlo è una ricerca condotta da Human Highway per ASSOSALUTE, l’Associazione farmaci di automedicazione, parte di Federchimica. Lo studio evidenzia come queste credenze siano profondamente radicate nella cultura italiana, tanto da rappresentare un’esperienza condivisa da tutti, indipendentemente dall’età, dal genere o dal livello di istruzione.
Le credenze più diffuse tra gli italiani
Alcune credenze (che siano giuste o sbagliate) sono largamente radicate nella cultura popolare italiana. Ad esempio, quasi 7 italiani su 10 hanno sentito dire che bisogna aspettare almeno tre ore per fare il bagno dopo aver mangiato, che le carote stimolano l’abbronzatura (53,2%) e che l’acqua di mare disinfetta le ferite (50,1%). Le credenze più comuni sono anche quelle considerate vere e scientificamente fondate da una larga parte della popolazione: un italiano su tre è convinto che l’acqua salata disinfetti le ferite, che mangiare carote favorisca l’abbronzatura e che sia necessario aspettare tre ore dopo i pasti prima di fare il bagno.
Inoltre, un italiano su cinque ritiene che l’urina sia un ottimo rimedio per punture di tracine e meduse, mentre uno su dieci crede che il sole guarisca le ferite velocizzando il processo di cicatrizzazione. Ma quanto c’è di vero in queste credenze e nei comportamenti reiterati e acquisiti?
Dopo quanto tempo posso fare il bagno dopo mangiato?
Quanto tempo deve passare, quindi, per fare il bagno dopo mangiato? “Ci è sempre stato raccomandato”, ha detto il dr. Claudio Cricelli, Presidente Emerito della SIMG (Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie), intervistato per confermare o sfatare i miti estivi in tema di piccoli disturbi, “di aspettare tre ore prima di fare il bagno dopo aver mangiato, a prescindere da ciò che si è consumato a pranzo. Un’attesa che, però, sembra spesso eccessiva rispetto al tempo realmente richiesto per la digestione”. Cricelli specifica, infatti, che sono mediamente necessari 20 minuti per digerire un succo di frutta, 30-40 per frutta e verdura cruda, 1 ora per i carboidrati, il latte scremato, i formaggi freschi, il pesce, 3-4 ore per una bistecca di manzo, 4-5 per i formaggi stagionati e 5 per la carne di maiale. “Anche se non vi sono evidenze scientifiche chiare e univoche sulla pericolosità di fare il bagno dopo un pasto, consiglio in generale di evitare di tuffarsi o immergersi repentinamente in acque fredde, o di farlo solo, in extremis, in compagnia di altre persone, che in caso di emergenza possono intervenire. L’idrocuzione, o detta anche più comunemente congestione,” continua il Dottore, “seppur controversa, è contemplata da molte fonti autorevoli come possibile causa di sincope da stimolazione della frequenza cardiaca ed effetto sui valori pressori”.
L’acqua del mare disinfetta le ferite?
In caso di ferite e lesioni alla pelle, l’acqua salata, come molti credono, non è il primo rimedio da utilizzare: “In questi casi, la cosa fondamentale è detergere la ferita con acqua corrente non contaminata. In assenza di questa, sì, è possibile utilizzare anche l’acqua marina, a condizione che sia pulita e priva di detriti e sabbia. Dopo la detersione è bene disinfettare adeguatamente la ferita e successivamente coprirla per evitare contaminazioni dall’esterno.” E in caso di punture di tracina o medusa? “Contrariamente alla credenza diffusa, l’uso dell’urina è soltanto un rimedio popolare poco utile e non supportato da evidenze scientifiche. Un’altra pratica diffusa è l’applicazione di ghiaccio sulla zona colpita: non è una soluzione efficace e può anzi peggiorare la situazione. Ciò che è consigliabile, invece, è lavare immediatamente la zona interessata con acqua calda – circa 40° – non dolce, e applicare una crema specifica antinfiammatoria o un gel al cloruro di alluminio o uno spray all’acqua di mare che aiutano a ridurre l’irritazione.”
Mangiare carote favorisce l’abbronzatura?
A fronte delle credenze legate all’esposizione solare, il Dottor Cricelli ricorda che ci sono alimenti che possono favorire la produzione di melanina e migliorare l’abbronzatura, non solo le carote, anche se, precisa il Dottore, “le evidenze scientifiche raccomandano l’assunzione di sostanze contenti carotenoidi per il loro effetto protettivo contro il cancro della pelle, le bruciature, il fotoinvecchiamento e le macchie cutanee.” “In generale, – precisa il Dottore – la risorsa più grande per la pelle anche con l’obiettivo di abbronzarsi è l’idratazione. Rispetto ai cibi”, prosegue il Dottore, “segnalo che certamente quelli di colore giallo o rosso, come le albicocche, pomodori, cocomeri, meloni, peperoni, e anche le carote contengono beta-carotene, un antiossidante che aiuta la pelle a produrre melanina, ma che hanno contemporaneamente anche un’alta percentuale di acqua e vitamine. Anche alimenti come gli spinaci aiutano, poiché ricchi di sali minerali, che si perdono durante l’esposizione al sole.” Anche se non c’è una regola precisa su come e quanto consumare gli alimenti, è importante ricordarsi di integrarli sempre in una dieta varia ed equilibrata. “L’obiettivo”, ricorda il Dottore, “non è ricerca quegli alimenti o prodotti volti a promuovere l’abbronzatura, ma ottenere un colorito equilibrato senza danneggiare la pelle”.
L’applicazione della protezione solare, in questo senso, è fondamentale, soprattutto sotto l’ombrellone, in acqua, e con il tempo nuvoloso, situazioni in cui spesso si crede che non sia necessaria, ma in cui “i raggi solari arrivano anche per irradiazione riflessa e non solo diretta, colpendo così la pelle.” Il Dottore rimarca poi l’importanza di consultare sempre la data di scadenza della crema (apposta sulla confezione) e di spalmarla frequentemente, abbondantemente (circa 10 – 15 ml per zona per gli adulti) e accuratamente su tutto il corpo (almeno mezz’ora prima dell’esposizione al sole), soprattutto su quello dei bambini, la cui pelle è particolarmente sensibile bisogna applicare spesso la protezione: “La frequenza di applicazione va calcolata in base al tempo di esposizione e al tipo di crema che si mette. Per esempio: se ci vogliono 10 minuti per avere una scottatura senza protezione, applicando la crema con protezione solare 50, si deve moltiplicare per 10 il tempo di scottatura. In ogni caso, dopo aver fatto il bagno è sempre ideale riapplicare la crema, anche se è stata utilizzata quella waterproof”. Tra le protezioni più efficaci, il dr Circelli ricorda che “bisogna utilizzare il fattore 30, che blocca il 96,7% dei raggi UVB, e preferibilmente fattore 50, che blocca il 98%, specialmente per le pelli sensibili. Il tipo e il livello di protezione dipendono sempre dall’età e dal fototipo della pelle”.