mercoledì, Aprile 30, 2025
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Patologie cardiache: chirurgia ibrida per cuori fragili

Il pensiero di dover affrontare un intervento di cardiochirurgia generalmente intimorisce i pazienti, che spesso chiedono alla specialista se sia davvero necessario operare per risolvere la loro situazione.

 

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Il Dott. Luigi Martinelli, cardiochirurgo, prova a fare chiarezza e parte da una premessa: “La cardiochirurgia è una specialità molto complessa e tutto quello che riguarda il trattamento non farmacologico delle patologie cardiache richiede un’elevata tecnologia. Attualmente – continua il Professore – è possibile effettuare interventi anche molto impegnativi ricorrendo a soluzioni cosiddette ‘ibride’”.

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La cardiochirurgia ibrida, che affianca quella tradizionale nel trattamento delle cardiopatie, si avvale in un unico atto terapeutico del contributo combinato di diverse tecniche operatorie allo scopo di ridurre il trauma chirurgico e il rischio operatorio in pazienti fisicamente più fragili.

Entriamo nel dettaglio riportando un esempio: “Se un paziente necessita di un intervento ad una valvola ma è affetto anche da una ostruzione coronarica che richiede un bypass, invece di andare incontro ad una operazione che prevede l’apertura dello sterno, può risolvere il problema della coronaria con palloncino introdotto attraverso l’arteria del polso e ottenere la riparazione della valvola con una piccola incisione sul torace.

 

Quando ricorrere alla cardiochirurgia ibrida

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In quali situazioni si può procedere secondo questo approccio? “Ogni caso deve essere valutato e discusso all’interno del gruppo cardiologico e cardiochirurgico (heart team). Questa procedura è sempre più diffusa e garantisce al paziente un controllo accurato della sua situazione clinica da parte di un gruppo di specialisti dedicati. E’ un importante indicatore di qualità della struttura dove viene effettuato l’intervento e consente di identificare la metodica più idonea, “quella che offre il maggior risultato con il minor costo biologico”.

 

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Chirurgia e innovazione tecnologica

Ovviamente è importante che il chirurgo si tenga al passo con l’evoluzione tecnologica: lo specialista deve imparare sempre nuove tecniche per poter utilizzare quello che la tecnologia gli fornisce. Una tecnologia, quella odierna, ormai sempre più stimolata, dati i risultati che ottiene, a produrre apparecchiature sempre più sofisticate. L’obiettivo finale è di ridurre il rischio perioperatorio e di garantire un risultato durevole, neutralizzando completamente la malattia. A questo scopo il Dottore ricorda che “è inutile fare con metodiche complesse quello che si può fare con metodiche semplici”, sottolineando l’importanza di valutare di volta in volta ogni specifica situazione.

 

Per quali pazienti?

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La cardiochirurgia ibrida è rivolta a tutte le fasce di età, ma nei pazienti anziani fragili il beneficio è evidente, potendo evitare un intervento cardiochirurgico tradizionale o associandolo ad una procedura interventistica diversa. “Ad esempio – prosegue Martinelli – invece di eseguire un bypass, si può pensare di intervenire chirurgicamente esclusivamente sulla valvola cardiaca, riparando la coronaria con uno stent. Oppure, al contrario, si può scegliere di eseguire un intervento sulla coronaria chiusa con tecnica mininvasiva e sostituire la valvola cardiaca passando attraverso la tecnica transcatetere”.

 

Ogni paziente ha la sua storia e deve essere trattato con quello che è più adatto per la sua situazione.

 

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