Il dibattito sulla riforma della medicina territoriale si fa sempre più acceso. Il ministro Orazio Schillaci ha avviato un percorso di rinnovamento che punta a integrare i medici di medicina generale (Mmg) nel Servizio sanitario nazionale (Ssn), attraverso la creazione delle Case della Comunità (CdC) e l’introduzione di un nuovo contratto di dipendenza. Questa trasformazione, se da un lato incontra alcune resistenze, dall’altro trova il pieno sostegno del “Movimento medici di medicina generale per la Dirigenza”, che in questa nota, pubblicata da Il Sole 24 ore, esprime apprezzamento per il coraggio e la determinazione del ministro nel portare avanti un cambiamento ormai ritenuto indispensabile.
Superare un modello vecchio di 50 anni
L’attuale organizzazione della medicina generale è ancorata a schemi ormai obsoleti. “Apprendiamo con grande soddisfazione – dichiarano i medici del Movimento – che il ministro Schillaci coraggiosamente e senza tentennamenti sta procedendo sulla via della riforma della medicina del territorio”. La necessità di un cambiamento è evidente, soprattutto alla luce delle carenze emerse durante la pandemia. L’obiettivo è rendere la sanità più efficiente e vicina ai cittadini, garantendo risposte adeguate ai nuovi bisogni di salute e assistenza sociale.
I medici firmatari della nota esprimono pieno supporto al progetto ministeriale, sottolineando come la medicina del territorio non possa più reggersi esclusivamente sul senso di responsabilità dei professionisti. L’attuale impalcatura, ferma agli anni ‘70, non è più adeguata a rispondere alle esigenze di una società in continua evoluzione.
L’integrazione dei Mmg nel Servizio sanitario nazionale
Un punto centrale della riforma è l’inserimento dei medici di medicina generale nel Ssn con un contratto da dipendenti. Il ministro Schillaci ha sottolineato come questo passaggio richieda “coraggio e collaborazione” da parte di tutti gli attori coinvolti. Un aspetto cruciale riguarda il percorso di formazione, che diventerebbe universitario e omogeneo a livello nazionale, superando le attuali differenze regionali.
L’obiettivo è creare équipe multiprofessionali all’interno delle Case della Comunità, garantendo una medicina del territorio più organizzata ed efficiente. I medici sottolineano come il cambiamento sia fondamentale per rendere le cure primarie un servizio realmente pubblico e accessibile, evitando il paradosso attuale in cui i Mmg sono liberi professionisti convenzionati ma non parte integrante del Ssn. “Sarebbe più giusto – affermano – che questi professionisti fossero integrati nel Ssn con pari doveri ma anche con pari diritti e tutele, che oggi non hanno”.
Un tassello chiave per il futuro della sanità territoriale
Le critiche alla riforma si concentrano sulla presunta perdita della libera scelta del medico di fiducia e sulla riduzione della capillarità dell’assistenza. Tuttavia, i medici del Movimento respingono queste obiezioni: “Tali affermazioni non trovano alcun riscontro in quei modelli sanitari europei, Spagna e Portogallo su tutti, dove i governi hanno scelto di rendere dipendenti tutti i professionisti delle cure primarie”.
Il sistema attuale, secondo i sostenitori della riforma, non è più sostenibile. “C’è bisogno di tutti gli strumenti e le strategie possibili per ridisegnare l’organizzazione delle cure territoriali”, sottolineano i medici, evidenziando come il mantenimento dello status quo non sia più un’opzione percorribile.
La riforma offre anche un’importante opportunità ai Mmg già in servizio, che potranno scegliere il regime contrattuale più adatto alle loro esigenze. Senza un cambiamento radicale, si rischia di aggravare la crisi della medicina generale, già colpita da una crescente disaffezione da parte dei giovani medici e da un progressivo impoverimento dell’assistenza nelle aree periferiche.