Nel mondo, circa 300 milioni di persone convivono con una malattia rara, di queste, il 6% non dispone ancora di una diagnosi precisa, una percentuale che può raggiungere il 60% tra i pazienti pediatrici con disabilità intellettive o sindromi complesse. In Italia, le persone affette da malattie rare sono circa 2 milioni, di cui oltre 100.000 attendono ancora una diagnosi definitiva.
Per rispondere a questa esigenza, dal 2016 è attivo il primo ambulatorio italiano dedicato ai pazienti senza diagnosi, che integra la pratica clinica con la ricerca scientifica, grazie alla collaborazione con numerosi centri specializzati nazionali e internazionali.
L’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, dal 2014, ha identificato circa 100 nuovi geni legati a patologie rare, un risultato frutto del lavoro congiunto delle unità di Citogenomica traslazionale, diretta da Antonio Novelli, e di Genetica molecolare e genomica funzionale, guidata da Marco Tartaglia. Questa esperienza ha permesso all’Istituto di Ricerca e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS) di assumere il ruolo di coordinatore della neonata Rete italiana delle malattie rare non diagnosticate.
La rete regionale del Lazio
Nel Lazio, la rete dedicata alle malattie rare comprende 21 istituti che trattano le patologie incluse nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), suddivise in 921 gruppi di malattie. Attualmente, oltre 62.000 pazienti risultano iscritti nella rete regionale, il 26% dei quali in età pediatrica. L’Unità operativa di Malattie rare e genetica medica dell’ospedale Bambino Gesù, diretta da Andrea Bartuli, ha seguito, solo nel 2024, più di 18.000 pazienti. A livello nazionale, la Rete italiana delle malattie rare non diagnosticate ha già raccolto l’adesione di 24 ospedali, di cui 11 sono IRCCS, distribuiti in 14 regioni.
La creazione della Rete italiana delle malattie rare non diagnosticate ha come scopo quello di fornire un’assistenza completa, che comprenda valutazioni multidisciplinari e indagini diagnostiche avanzate. Lavorare in rete significa poter condividere metodologie, creare percorsi assistenziali integrati e proporre interventi clinici mirati per affrontare le fragilità specifiche di ciascun paziente. Questo approccio mira a garantire non solo cure efficaci, ma anche un sostegno emotivo fondamentale per le famiglie coinvolte.