Ricerca sul cancro: l’Italia è uno dei Paesi leader nella ricerca oncologica. E’ tra i primi cinque al mondo per numero e qualità degli studi, con una reputazione internazionale solida e riconosciuta. I progressi ottenuti in questi anni parlano chiaro: diagnosi sempre più precoci, terapie più efficaci e una crescente percentuale di persone che guariscono o convivono a lungo e in buona salute con la malattia. Ma questo patrimonio scientifico e umano rischia oggi di essere messo in crisi.
Un’eccellenza riconosciuta, ma fragile
Secondo l’Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom), il nostro Paese brilla per la qualità delle ricerche pubblicate, che vengono spesso citate a livello internazionale. Inoltre, siamo ben rappresentati nei principali congressi scientifici e abbiamo accesso a molte sperimentazioni con farmaci innovativi. Tuttavia, dietro ai successi si nasconde un sistema che comincia a mostrare crepe importanti: i fondi pubblici destinati alla ricerca sono insufficienti, mancano specialisti e infrastrutture adeguate, e i tempi per l’approvazione degli studi clinici restano troppo lunghi.
Il peso della burocrazia
Il regolamento europeo 536 del 2014 ha introdotto tempi uniformi per l’autorizzazione degli studi clinici, da un minimo di 60 a un massimo di 106 giorni. L’obiettivo era chiaro: ridurre la burocrazia, accelerare i processi e rendere l’Europa più attrattiva per gli investimenti nella ricerca. Ma l’Italia fatica ad allinearsi a questi standard. Come spiega Francesco Perrone, presidente nazionale Aiom, le procedure amministrative troppo complesse spesso causano mesi di ritardo nell’avvio degli studi, facendo perdere al nostro Paese competitività e opportunità preziose per i pazienti.
La concorrenza internazionale cresce
Nel frattempo, Paesi asiatici come Cina, Corea, Taiwan e Giappone stanno diventando sempre più attrattivi per le aziende farmaceutiche. La loro capacità di avviare rapidamente sperimentazioni, anche in fase precoce (fase I), rappresenta un vantaggio notevole. Come sottolinea Giuseppe Curigliano, presidente eletto della Società Europea di Oncologia Medica, questo significa per i pazienti l’accesso anticipato a cure innovative, spesso con anni di anticipo rispetto alla loro disponibilità standard.
Nonostante i limiti strutturali, la ricerca sul cancro italiana ha ottenuto risultati di rilievo mondiale
La spesa pubblica in ricerca e sviluppo, però, resta tra le più basse d’Europa: solo l’1,2% del PIL contro una media europea del 2%, con la Germania vicina al 3%. Eppure, molti studi italiani hanno portato alla modifica di linee guida internazionali e contribuito a migliorare le cure in tutto il mondo. Per Massimo Di Maio, presidente eletto Aiom, la ricerca non è un costo, ma un investimento strategico per il Paese, sia sul piano scientifico che economico e sociale.
Un’occasione anche per il Servizio Sanitario Nazionale
I vantaggi delle sperimentazioni non sono solo per i pazienti. Anche il Servizio Sanitario Nazionale ne trae beneficio: i costi delle terapie sperimentali sono spesso coperti dalle aziende sponsor, generando un risparmio concreto. Inoltre, i pazienti che partecipano agli studi hanno accesso anticipato a farmaci innovativi, spesso salvavita.
Mancano le figure professionali chiave
A complicare il quadro è anche la cronica mancanza di personale specializzato. In Italia ci sono 183 centri attivi nella ricerca oncologica, ma quasi il 70% è privo di bioinformatici e la metà non ha un supporto statistico. Mancano figure cruciali come data manager, infermieri di ricerca, biostatistici, esperti in contrattualistica e gestione dei budget. E anche sul fronte dei ricercatori, l’Italia è in coda in Europa: solo 99 ogni 100mila abitanti, ben sotto la media continentale di 143.
Un patrimonio da non disperdere
I numeri raccontano una storia importante: tra il 2011 e il 2021 in Italia i decessi per cancro sono diminuiti del 15%, un risultato migliore rispetto alla media europea (-12%). Oggi il 60% dei pazienti oncologici sopravvive almeno cinque anni dalla diagnosi, e circa un milione di italiani può essere considerato guarito. In tredici anni, il nostro Paese ha evitato oltre 268mila morti oncologiche, un risultato straordinario reso possibile dalla qualità delle cure garantite dal nostro sistema sanitario.
Ma questo sistema ha bisogno di essere sostenuto. Servono investimenti, semplificazione burocratica e valorizzazione del capitale umano. La ricerca oncologica italiana è un’eccellenza che non possiamo permetterci di perdere.