Quando l’articolazione non è più in grado di funzionare correttamente il paziente accusa dolore con correlata limitazione funzionale, fattori che possono incidere significativamente sulla qualità della vita. Una volta eseguita una visita specialistica e definita la diagnosi, anche con il supporto di esami strumentali, l’ortopedico può decidere di perseguire la via chirurgica per restituire funzionalità all’anca. Insieme al Dott. Fabrizio Grilli chirurgo ortopedico specializzato nel trattamento di anca e ginocchio, parliamo della varietà di accessi chirurgici previsti dall’intervento.
In cosa consiste l’intervento di sostituzione protesica dell’anca?
«L’intervento prevede la sostituzione delle componenti usurate, cioè testa del femore e acetabolo, tramite l’utilizzo di protesi in titanio. In questo modo si dà vita ad una nuova articolazione meccanica stabile e con basso attrito in grado di garantire il recupero della funzionalità articolare».
Parliamo dei diversi accessi chirurgici possibili
«Per giungere all’articolazione è possibile ricorrere ad accessi diversi: posteriore, laterale o anteriore. I primi due accessi – posteriore e laterale – comportano un sacrificio dei muscoli tendinei perché per raggiungere l’articolazione è necessario che il chirurgo sezioni dei muscoli. Diversamente, nel caso di accesso anteriore è possibile passare ‘attraverso’ i muscoli, senza quindi creare un danno muscolare. A differenza dei due accessi precedentemente nominati, l’accesso anteriore comporta nell’immediato un minore dolore per il paziente e, dal punto di vista meccanico, una ripresa più rapida».
Anteriore, posteriore o laterale: da cosa dipende la scelta?
«Innanzitutto va sottolineato che tutti gli accessi sono validi. La scelta del tipo di approccio chirurgico dipende sempre dall’indicazione del chirurgo che valuta in particolar modo fattori come la forma fisica del paziente e il tipo e il grado di artrosi che interessa l’anca. Ad esempio, per pazienti obesi o molto muscolosi l’accesso anteriore è sconsigliato. Questo tipo di accesso risulta più difficoltoso anche di fronte a forme di artrosi con anca incarcerata con presenza di tanti osteofiti (escrescenze ossee, prima causa di rigidità dell’anca artrosica) e potrebbe comportare maggiori rischi rispetto ad un accesso posteriore o laterale. Tuttavia il buon esito dell’intervento non dipende dalla scelta del tipo di accesso, ma dal gesto chirurgico, che si traduce nel rispetto dei tessuti e delle strutture muscolo tendinee».
Il post intervento cambia?
«Il risultato finale non cambia, indipendentemente dal tipo di accesso chirurgico preferito. Nell’immediato post operatorio il paziente viene messo in piedi e inizia a deambulare sin da subito. Generalmente è dimesso dall’ospedale entro 4 o 5 giorni. Per la buona ripresa della funzionalità è fondamentale seguire un percorso riabilitativo personalizzato della durata di 10-15 giorni, che può essere domiciliare o in ricovero presso una struttura riabilitativa».
Quando si torna a condurre una vita normale e ad allenarsi?
«La ripresa delle attività comuni dipende anche dalla motivazione del paziente, nonché dall’età e da altri fattori. In generale si può dire che nel giro di 3 o 4 giorni si riesce a tornare ad una vita pressoché normale. Per riprendere l’attività sportiva è necessario rispettare i tempi di integrazione della protesi, dunque dovrebbero trascorrere almeno tre mesi dall’intervento prima di tornare a svolgere sport di impatto. Le tempistiche vanno valutate sempre con lo specialista».