Un vaccino sperimentale per il cancro al pancreas
Un team di ricercatori del Memorial Sloan Kettering Cancer Center ha avviato la fase iniziale di studio su un vaccino innovativo destinato a ridurre le recidive del cancro al pancreas. Il trial di fase I ha mostrato risultati promettenti, evidenziando la capacità del vaccino di stimolare la risposta immunitaria nei pazienti colpiti da adenocarcinoma duttale del pancreas (PDAC).
Il sistema immunitario svolge un ruolo cruciale nella difesa dell’organismo, identificando e distruggendo agenti patogeni e cellule anomale. I linfociti T, in particolare, sono in grado di riconoscere le cellule cancerose grazie alla presenza di specifici marcatori chiamati neoantigeni, proteine che non si trovano nelle cellule normali. Tuttavia, il PDAC presenta una produzione molto limitata di questi neoantigeni, rendendo difficile per le cellule T distinguere le cellule malate da quelle sane. Quindi, i ricercatori hanno sviluppato un vaccino basato sull’RNA in grado di insegnare al sistema immunitario a riconoscere meglio le cellule tumorali.
Lo studio clinico e prospettive future
Nel corso dello studio di fase I, il vaccino sperimentale, denominato mRNA-lipoplex cevumeran autogeno, è stato somministrato a sedici pazienti affetti da PDAC dopo l’intervento chirurgico. La terapia è stata combinata con una dose iniziale di anticorpi monoclonali, seguita da dodici cicli di chemioterapia e un richiamo vaccinale. Gli effetti sulla risposta immunitaria sono stati monitorati per un periodo di oltre tre anni:
I risultati hanno mostrato che otto dei sedici pazienti hanno sviluppato una risposta immunitaria robusta, con linfociti T CD8+ capaci di riconoscere specificamente i neoantigeni tumorali.
Analizzando le cellule immunitarie di questi pazienti, i ricercatori hanno individuato 79 diversi cloni di linfociti T CD8+ che hanno dimostrato di persistere a lungo termine, suggerendo una possibile protezione duratura contro la ricomparsa del cancro. Sebbene la ricerca sia ancora in una fase iniziale, questi risultati aprono la strada a potenziali sviluppi di terapie personalizzate che potrebbero garantire ai pazienti una difesa prolungata e, in futuro, una gestione più efficace della malattia.