Nell’ambito della chirurgia estetica del seno la casistica della tipologia di mammelle da trattare è molto differente da soggetto a soggetto. Alcune pazienti hanno mammelle quasi inesistenti, altre possono invece essere affette da ipertrofie mammarie, dovute ad aumenti del volume della mammella post menopausa e post partum.
Nel primo caso, l’alternativa all’intervento chirurgico è rappresentata dall’infiltrazione di grasso corporeo o lipofilling. Una pratica rara, dal momento che è difficile che una paziente senza seno abbia, invece, tanto grasso localizzato in altre aree del corpo sufficienti per poter riempire entrambe le mammelle. Nel secondo caso, invece, l’eccesso di seno crea problemi anche funzionali e, soprattutto dopo i 20 anni, rischia di dare origine a posture scorrette, sudore sotto il seno, fastidiosi (e spesso dolorosi) segni delle spalline e disagi di varia natura.
Approfondiamo l’argomento insieme al Dott. Franco Lauro, specialista in Chirurgia plastica, estetica e ricostruttiva e Direttore sanitario del Poliambulatorio Agresti di Bologna.
Chirurgia del seno: ambiti di applicazione
In caso di ipertrofia mammaria, «la riduzione del seno dà risultati eccellenti» spiega lo specialista. «È possibile ridurlo anche di diverse taglie. L’intervento causa comunque diverse cicatrici: per realizzarlo, infatti, è necessario attuare un taglio attorno all’areola, uno sotto il seno e uno verticale tra le due aree coinvolte. A intervento terminato, però, la mammella sarà più piccola, bella con proporzioni desiderate». Il prezzo da pagare dato dalla cicatrice a” T invertita o ad ancora” risulta dunque, a conti fatti, un buon compromesso.
La cicatrice “ad ancora” viene utilizzata anche nelle mastopessi con caduta estetica della mammella o con mammella ptosica, quando cioè il complesso areola-capezzolo tende a scendere. In questi casi si può optare anche per una mastoplastica sospensiva con inserimento di protesi se non c’è abbastanza tessuto. Con la mastopessi periareolare, ad esempio, ogni tanto tale procedura è fattibile.
Quando sottoporsi all’intervento?
Esattamente come le diverse tipologie di chirurgia del seno, le età delle richieste sono molto variabili.
«In caso di chirurgia protesica in ipoaplasia o aplasia arrivano anche pazienti molto giovani, così come gli interventi di riduzione mammaria, benché spesso le pazienti optino per farsi operare in età più adulta. La mastopessi, invece, viene maggiormente richiesta post-partum, dai 30-35 anni di età in su» sottolinea Franco Lauro.
Come funziona l’intervento?
Che si parli di mastoplastica additiva o riduttiva, si parte sempre da un presupposto: l’intervento viene eseguito in anestesia generale. La classica mastopessi, invece, può essere realizzata anche in anestesia locale con sedazione. Il post-operatorio in caso di mastoplastica additiva dura 7 giorni se vengono inserite protesi sottomuscolari. Si scende, invece, a 2-3 giorni nelle altre casistiche, sempre usando un reggiseno contenitivo e le dovute fasciature.
«Qualsiasi sia l’intervento a cui ci si sottopone – commenta poi lo specialista – l’unica cosa da tenere ben monitorata è l’andamento delle cicatrici. Queste, infatti, possono essere migliorate con l’uso di cerotti e altre tecnologie laser. È necessario, inoltre, prestare molta attenzione alle pazienti che tendono a sviluppare cicatrici ipertrofiche (rosse e grosse). Il rischio, infatti, è che si sviluppino dei cheloidi, lesioni lisce dovute a proliferazione eccessiva di tessuto fibroblastico, che originano in aree di precedente danno oppure, occasionalmente, in modo spontaneo. I cheloidi possono essere legati anche a patologie personali. In questi casi – sottolinea lo specialista – è meglio non operare, perché tali formazioni, oltre a non essere removibili, risultano tecnicamente incurabili. Solo le infiltrazioni di cortisone e i trattamenti laser hanno dato dei risultati, che sono comunque pochi e in casi molto rari».
E se volessi allattare? Posso farlo dopo un intervento al seno?
Mediamente, quasi tutte le tecniche di chirurgia del seno non prevedono rischi legati all’interruzione o all’impossibilità di allattare.
Solo nella riduzione mammaria – quando il chirurgo si trova a dover sollevare l’areola di tanti centimetri – potrebbe sussistere il problema, poiché esiste la possibilità che dotti mammari possono rischiare di essere recisi. Ma si tratta, comunque, di un’ipotesi abbastanza remota.
Il post-operatorio e le eventuali complicanze
«I controlli post-operatori avvengono generalmente dopo 1, 3, 6 e 12 mesi» conclude il Dott. Lauro. «La chirurgia protesica ha come unico problema la possibilità di indurimento delle protesi, ma, grazie all’utilizzo di quelle al poliuretano, che non vanno sostituite, la questione è abbastanza limitata».
Nonostante tutto, neppure le protesi in silicone hanno una “scadenza”. Se il seno rimane morbido, infatti, la paziente potrà tenere le protesi per tutta la vita. «La credenza che ogni 10 anni le protesi vadano cambiata è puramente commerciale. L’unico caso in cui avviene la sostituzione è in caso di rottura».