Dolore, diarrea, meteorismo, flatulenza. Sono questi i sintomi più comuni e fastidiosi in caso di intestino irritabile
La salute, si sa, si cura innanzitutto a tavola. A conclusione del 29esimo Congresso Nazionale delle Malattie Digestive FISMAD, i medici AIGO continuano a divulgare preziose informazioni relative alla gestione delle malattie gastrointestinali partendo dall’attenzione alla quotidiana alimentazione, con approccio personalizzato. La sindrome dell’intestino irritabile è un disturbo molto comune e ha una prevalenza di poco inferiore al 5% in Italia. Come tutti i disturbi funzionali colpisce le donne in proporzione doppia rispetto agli uomini. In questi anni si è sviluppata una notevole attenzione per questa patologia e quindi è senz’altro più frequentemente diagnosticata, con conseguente attenzione al regime alimentare più appropriato. Tra questi, c’è la dieta a basso contenuto di FODMAPs, (Low FODMAPs) che riduce l’assunzione di alcuni alimenti che possono fermentare a livello del colon e attrarre acqua a livello dell’intestino tenue distendendolo.
I consigli in caso di intestino irritabile
“In un contesto di aumentata sensibilità viscerale, l’intestino irritabile, la distensione dell’intestino tenue e il gas prodotto dalla fermentazione operata dal microbiota intestinale possono scatenare o aggravarne i sintomi provocando appunto dolore, diarrea, meteorismo, flatulenza” spiega Massimo Bellini, Presidente eletto AIGO e Direttore della UOC Gastroenterologia dell’Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana. La dieta a basso contenuto di FODMAPs (LFD) non è una novità assoluta in campo gastroenterologico; da sempre, infatti, gli specialisti consigliano ai loro pazienti con intestino irritabile di ridurre il consumo di latticini freschi o di legumi o di alcuni tipi di verdure e di farinacei. La dieta LFD è invece una restrizione più completa e globale. “Prevede la riduzione dell’assunzione di alimenti contenenti monosaccaridi (come il fruttosio), disaccaridi (come il lattosio) galattoligosaccaridi (contenuti nei legumi), fruttooligosaccaridi (contenuti nei cereali) e polioli (dolcificanti quali il sorbitolo). In pratica ai pazienti” continua Bellini, “viene chiesto di ridurre l’assunzione di diversi alimenti quali mele, pere, pesche, susine, albicocche, ciliegie, finocchi, carciofi, peperoni, asparagi, cavolfiore, miele, pane e pasta, etc. per poi reintrodurli dopo averne verificato il reale effetto sulle abitudini intestinali”.
No alle diete fai da te
Evidenze scientifiche avvalorano l’efficacia della dieta a basso contenuto di FODMAPs. “È dimostrato che la dieta LFD è superiore ai consigli dietetici tradizionali e alla dieta priva di glutine nel
trattare i sintomi dell’intestino irritabile” conferma il Presidente eletto . “Anche il nostro gruppo AIGO ha prodotto dei lavori che hanno dimostrato l’efficacia di questa dieta nel medio-lungo periodo su tutti i principali sintomi digestivi e sulla qualità di vita dei pazienti“. Come sempre, per i medici vige un messaggio imperativo: NO al fai da te, a maggior ragione nelle
diete di eliminazione, specie per i pazienti a rischio di disturbi della condotta alimentare, o per le persone sane. “Come sempre, il paziente deve affidarsi ad un esperto di nutrizione (gastroenterologo con specifiche competenze, nutrizionista o dietista) che abbia una profonda conoscenza di questo tipo di dieta. Questo è fondamentale per evitare i pericoli di un inadeguato apporto nutrizionale e per poter eseguire un’appropriata fase di “reintroduzione” che è la parte più delicata della dieta, testando, uno alla volta i diversi gruppi di alimenti eliminati e poi reintrodotti per stabilire quali siano veramente i cibi capaci di scatenare la sintomatologia in quel singolo paziente e quindi “cucirgli addosso” la dieta che dovrà continuare nel lungo periodo, anche per tutta la vita“.