martedì, Maggio 20, 2025
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Allarme alcol in Italia: cresce il consumo a rischio tra giovani, donne e anziani

Allarme tra giovani, donne e anziani: la prevenzione non decolla

Nel 2023, circa 8 milioni di italiani sopra gli 11 anni hanno consumato alcol in quantità tali da esporre la propria salute a rischi significativi. Un dato allarmante che emerge dal nuovo rapporto dell’Osservatorio Nazionale Alcol dell’Istituto Superiore di Sanità (Ona-Iss), presentato in occasione dell’Alcohol Prevention Day 2025. Di questi, oltre 4 milioni e 130 mila persone hanno praticato binge drinking, cioè bevuto con l’intento deliberato di ubriacarsi, una modalità di consumo tra le più pericolose in termini di conseguenze per la salute psico-fisica.

Secondo l’analisi, 780 mila italiani rientrano nella categoria dei “consumatori dannosi”, ovvero soggetti che hanno già riportato danni fisici o mentali riconducibili all’uso di alcol e che necessiterebbero di un trattamento clinico specializzato. Tuttavia, soltanto l’8,1% di questi è effettivamente preso in carico dal Servizio Sanitario Nazionale. Una lacuna significativa che mette in luce la difficoltà del sistema sanitario nell’intercettare e supportare le persone più vulnerabili.

Minori, adolescenti e anziani tra le fasce più colpite

Le fasce d’età più esposte sono i minori, gli adolescenti, le donne e gli anziani. In particolare, il rapporto Ona-Iss evidenzia che tra i 36 milioni di italiani che consumano alcol (77,5% degli uomini e 57,6% delle donne), 1 milione e 260 mila sono giovani tra gli 11 e i 24 anni, con 615 mila minorenni coinvolti in pratiche a rischio. Le consumatrici a rischio nella fascia 11-17 anni rappresentano il 13,3%: una percentuale che fotografa un fenomeno preoccupante e in crescita.

L’aumento delle donne binge drinker è un segnale d’allarme

Tra i dati più significativi emerge quello relativo alle donne binge drinker, la cui percentuale è cresciuta dell’80% in dieci anni, passando dal 2,5% nel 2013 al 4,5% nel 2023. Parallelamente, aumentano anche i consumi fuori pasto, soprattutto nel pubblico femminile: il 23,9% delle donne dichiara di bere alcol fuori dai pasti e ben 1 milione e 230 mila lo fanno con l’intento di ubriacarsi.

Questo cambiamento nei comportamenti di consumo rappresenta una sfida importante per la sanità pubblica, in quanto espone una fetta crescente della popolazione femminile a rischi gravi e spesso sottovalutati, anche sul piano sociale e familiare.

In crescita anche la mortalità attribuibile all’alcol

Un altro elemento critico del rapporto è la ripresa della mortalità totalmente attribuibile all’alcol, che risulta in aumento nelle fasce di età produttive di entrambi i sessi. Un dato che vanifica le aspettative di una riduzione degli effetti più drammatici legati al consumo di bevande alcoliche e che segnala la necessità di un cambio di passo nelle politiche di prevenzione nazionale e regionale.

Scafato (Ona-Iss): “Situazione consolidata nelle fasce vulnerabili”

“I consumi di alcol in Italia evidenziano una situazione consolidata, dilagante nelle fasce più vulnerabili della popolazione: minori, adolescenti, donne e anziani – spiega Emanuele Scafato, Direttore dell’Ona-Iss – La prevenzione nazionale e regionale è possibile se si mira ai target principali. È necessario innalzare l’attenzione per i giovani, prevedendo maggiori tutele nei luoghi di aggregazione e l’educazione alla salute nelle scuole. Occorre assicurare adeguate risorse per le reti curanti e l’applicazione delle linee guida per i disturbi da uso di alcol”.

Per Scafato è infine essenziale “favorire un incremento della consapevolezza sui rischi derivanti dall’uso di alcol a sostegno delle persone, delle famiglie e in osservanza degli obiettivi delle strategie delle Nazioni Unite, che non abbiamo raggiunto nel 2025, ma in cui siamo impegnati per il 2030”, conclude.

Serve una strategia coordinata e mirata

L’allarme lanciato dal rapporto Ona-Iss impone una riflessione urgente sullo stato delle politiche di prevenzione alcolica in Italia. L’assenza di miglioramenti nei comportamenti a rischio e la sottovalutazione dei dati relativi alle fasce più fragili rendono imprescindibile l’adozione di strategie integrate, capaci di unire prevenzione, educazione e supporto clinico. Senza un intervento strutturato, i numeri rischiano di peggiorare, con ricadute sempre più gravi sulla salute pubblica e sulla sostenibilità del sistema sanitario nazionale.

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