Per fare prevenzione italiani devono saperne di più

L’impegno delle Istituzioni al lavoro sui programmi di screening dopo lo stop della pandemia, i medici e la voce di chi ha conosciuto la malattia oncologica attraverso la perdita di persone care a causa del tumore dei polmone, un vero e proprio killer, e ha scelto di fare un’accurata prevenzione. È stata un’intensa mattina di lavori, una panoramica a 360 gradi sulla prevenzione del tumore al polmone, quella che si è svolta stamane a Roma in occasione della conferenza stampa per presentare l’importanza strategica per il futuro di arruolare sempre più persone nei programmi di screening e avvicinare il mondo dei fumatori: come intercettarli e sensibilizzarli alla sorveglianza.

Rispetto ad altre patologie secondo il sondaggio portato avanti da Iqvia4, c’è una minore conoscenza di questa malattia spesso scoperta in stadio avanzato e le informazioni sui percorsi diagnostici da fare sono lacunose. Ad oggi, in attesa di un programma di screening come quello del seno o della cervice uterina e colon, per il tumore al polmone abbiamo il programma pilota R.I.S.P. (rete italiana screening polmone) promosso dal Ministero della Salute che coinvolge 18 centri sul territorio. Si tratta di un programma multicentrico di diagnosi precoce che prevede una TAC a basso dosaggio senza contrasto con l’obiettivo di reclutare 10mila soggetti ad alto rischio.

Barriere informative, barriere di accesso e quelle psicologiche ed emozionali sono le sfide da affrontare come emerso dalla mappatura dei fumatori secondo l’indagine .

Malattia killer

In Italia, il tumore del polmone rappresenta la più frequente causa di morte oncologica, con 34.000 nuovi decessi all’anno1. In quasi la metà dei casi (40%) la malattia viene rilevata solo in fase metastatica (stadio IV) con una sopravvivenza a 5 anni inferiore al 10%. Significativo è anche l’impatto a livello socioeconomico, se si considera che il 27% dei pazienti interrompe definitivamente la propria attività lavorativa e nel 68% dei casi si rende necessario il supporto di un caregiver per cure e visite in ospedale.

Prevenzione

Anticipare la diagnosi di tumore al polmone può significare cambiare radicalmente la prognosi ed evoluzione della malattia, con un impatto rilevante sull’aspettativa di vita e al contempo sui costi sociali dovuti alla perdita di produttività. Lo screening rappresenta quindi una risorsa preziosa per la salute pubblica. Proprio per questo, sono attivi da tempo, per molte patologie oncologiche (come per esempio il cancro al seno), dei programmi organizzati, promossi dal Servizio Sanitario Nazionale e Regionale, rivolti alle fasce di popolazione più a rischio. Diversa è la situazione per il tumore al polmone, dove sussistono significative barriere.

L’indagine “screening fobia e leve per favorire l’accesso allo screening”

L’indagine ha permesso di delineare l’identikit dei fumatori odierni, il loro rapporto con la salute e la prevenzione, le barriere e gli ostacoli esistenti rispetto allo screening, identificando possibili strategie e soluzioni da mettere in campo.

Chi sono i fumatori italiani e come si rapportano alla salute

Il 19% degli italiani sono ex-fumatori, mentre il 25% della popolazione fuma. Di questi, 7 su 10 convivono con condizioni croniche – principalmente problematiche cardiovascolari, metaboliche e respiratorie – e 1 su 3 (36%) ha un approccio passivo nei confronti della propria salute. Tuttavia anche tra la popolazione dei forti fumatori c’è una quota non minoritaria (quasi il 50%) che è invece orientata attivamente alla prevenzione e cura di sé. E il 42% dichiara di sottoporsi abitualmente a controlli preventivi, anche in assenza di disturbi.

Screening polmonare e barriere

Sebbene esista questa propensione, che spinge i fumatori a prendersi cura di sé – guidata dal bisogno di monitorare il proprio stato di salute e dalla volontà di evitare rischi o peggioramenti – anche tra i più sensibili alla prevenzione, emergono significative barriere legate allo screening polmonare.

A pesare sono, in prima istanza, quelle di carattere psicologico ed emozionale, derivanti dallo stigma esistente sulla patologia e sul fumo. Il tumore al polmone è percepito come una malattia incurabile. Non esiste, come per altre forme di cancro, una consapevolezza diffusa del valore della diagnosi precoce, a cui si associano concrete possibilità di cura. A costituire un’altra importante limitazione è la scarsa informazione esistente sui programmi di screening. I rispondenti riportano di non avere ricevuto indicazioni né da parte del proprio medico né da parte dei media, se non in relazione a campagne antifumo. Ci sono, inoltre, timori che lo screening possa essere invasivo, doloroso e/o inutile, portando a rilevare la patologia quando è ormai troppo tardi. Infine, sussistono barriere legate all’accesso. Gli intervistati esprimono preoccupazioni rispetto alle modalità di prenotazione e al rischio che possano richiedere troppo tempo, essere complesse o costose. Si registra, inoltre, una sfiducia nei confronti del Sistema Sanitario: una potenziale incapacità di garantire la giusta periodicità dei controlli, la tempestività del responso e un percorso di supporto e aiuto al paziente e alla sua famiglia, in caso di diagnosi della malattia.

Screening polmonare: driver per il miglioramento

Alla luce di questa fotografia, l’indagine ha identificato alcuni driver che potrebbero favorire lo screening polmonare in Italia: realizzare una campagna di informazione e comunicazione sociale che possa puntare su messaggi costruttivi e non stigmatizzanti, concentrandosi non solo sui rischi del fumo ma anche sui benefici dello screening in termini di diagnosi e trattamento precoci. È, inoltre, prioritario, agire sulle barriere legate all’accesso: fornire indicazioni precise e chiare sui percorsi e sulle modalità di prenotazione ed effettuazione dell’esame, sulle sue caratteristiche non invasive e sulla sua gratuità.