C’è una cura per il tumore al pancreas? La speranza in uno studio del San Raffaele
Il tumore al pancreas è uno dei più pericolosi nella branca dell’oncologia, quarta causa di morte per cancro nel mondo occidentale. A renderlo tanto grave concorrono l’intrinseca aggressività del tumore, le diagnosi spesso tardive legate all’assenza di sintomi nelle fasi iniziali, e il fatto che tende a resistere alla terapie farmacologiche più innovative.
Dal San Raffaele di Milano arriva però una scoperta che potrebbe aiutare a sviluppare nuovi approcci terapeutici. I ricercatori hanno infatti individuato un nuovo potenziale bersaglio terapeutico per rallentare la progressione di un tumore ancora difficile da battere come quello che colpisce il pancreas. Il loro studio è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature. Bloccare questo nuovo circuito potrebbe rappresentare una potenziale strategia per rallentare la progressione della neoplasia.
“Abbiamo fatto un bel passo avanti nella comprensione dei processi biologici alla base della malattia. Tuttavia siamo a uno stato di ricerca preclinica ancora distante dall’applicazione nei pazienti”, spiegano i protagonisti dello studio, sostenuto da Fondazione Airc per la ricerca sul cancro, Consiglio Europeo della Ricerca e Ministero della Salute. “I prossimi anni – aggiungono – saranno essenziali per identificare le potenzialità e le modalità più appropriate per agire su questo nuovo bersaglio terapeutico”.
I macrofagi e il circolo vizioso autoalimentato
A favorire la crescita dell’adenocarcinoma duttale del pancreas è la speciale alleanza fra un particolare tipo di cellule immunitarie, chiamate macrofagi IL-1beta+, e alcune cellule tumorali molto aggressive e note per essere legate a infiammazioni.
“Si tratta di una sorta di un circolo vizioso autoalimentato. I macrofagi rendono le cellule tumorali più aggressive, e le cellule tumorali riprogrammano i macrofagi in grado di favorire l’infiammazione e la progressione della malattia”, osserva il coordinatore della ricerca Renato Ostuni, responsabile del laboratorio di Genomica del Sistema Immunitario Innato all’Istituto Sr-Tiget e professore associato all’Università Vita-Salute San Raffaele.
I macrofagi sono cellule del sistema immunitario innato che si attivano rapidamente per proteggere i tessuti, ma nel caso dei tumori vengono riprogrammate e aiutano la malattia. Vengono chiamati ‘Tam’, che sta per ‘macrofagi associati al tumore’ e sono bersagli importanti dell’immunoterapia, ma nel tumore del pancreas è molto difficile colpirli. La scoperta della loro alleanza con le cellule tumorali potrebbe cambiare la situazione. “Ciò è particolarmente rilevante – prosegue – poiché l’insorgenza di danni ai tessuti, e le risposte infiammatorie che ne conseguono, quali le pancreatiti, sono noti fattori di rischio per lo sviluppo neoplastico” osserva Ostuni.
Le prossime tappe
Questo è solo un punto di partenza. Uno degli obiettivi della ricerca è ora rompere questa alleanza, innanzitutto allontanando i macrofagi dalle cellule tumorali. “I risultati, seppure ottenuti per ora in studi solo di laboratorio, sono incoraggianti”, dicono Nicoletta Caronni e Francesco Vittoria, tra gli autori principali dello studio.