La pericolosità delle nanoplastiche
La plastica è il materiale che maggiormente caratterizza la nostra epoca: la gestione errata dei rifiuti ha determinato un accumulo incontrollato di questo materiale nell’ambiente che, a causa di processi chimici, fisici e biologici, si è degradato in micro e nanoplastiche, frammenti quasi invisibili con dimensioni pari ad un milionesimo di metro.
Queste nanoplastiche sono in grado di assorbire molti inquinanti e, di rimbalzo, l’uomo ne è esposto tramite la catena alimentare.
Lo studio dell’Università di Milano
Le nanoplastiche alterano il microambiente osseo, attività che potrebbe riflettersi nello sviluppo di patologie legate all’impoverimento delle ossa. È questa la conclusione a cui è giunto un team di ricercatori dell’Università degli Studi di Milano recentemente pubblicata su Science Direct – Journal of Hazardous Materials.
Lo studio italiano ha esposto le tre principali tipologie cellulari coinvolte nel mantenimento della massa ossea a nanoplastiche fluorescenti, analizzandone l’effettivo ingresso nella cellula e scoprendo che, a causa delle ridotte dimensioni, le nanoplastiche possono interagire direttamente con le cellule ossee, andandone a modificare le nomali attività.
“Ad oggi esistono pochi studi inerenti agli effetti indotti dall’esposizione alle nanoplastiche sia su modelli animali convenzionali sia non convenzionali e ancora meno studi sull’uomo”, spiega Lavina Casati, ultimo autore e corresponding author della ricerca. “Proprio da questo nasce la nostra ricerca, che ci ha permesso di descrivere l’azione di questi contaminanti sull’osso, usando un modello in vitro che potesse fornirci una visione ad ampio spettro”.
Le nanoplastiche, ad oggi, rappresentano una delle più recenti categorie di contaminanti emergenti, la cui distribuzione in ambiente e gli effetti sugli esseri viventi sono largamente sconosciuti.
Come si è svolta la ricerca sulle nanoplastiche
Per poter scattare la fotografia del microambiente osseo, gli scienziati si sono serviti delle tre principali tipologie cellulari coinvolte nel mantenimento della massa ossea, ovvero i precursori degli osteoblasti (le cellule che depongono l’osso), gli osteociti (considerati i controllori del processo di rimodellamento osseo) e i precursori degli osteoclasti (ovvero le cellule che lo degradano).
Utilizzando tecniche di colture cellulari, hanno esposto queste cellule a delle nanoplastiche fluorescenti di dimensioni pari a 50 nanometri, verificando l’effettivo ingresso delle nanoplastiche nella cellula e la loro localizzazione.
Sono stati poi valutati gli aspetti tossicologici: le nanoplastiche riducono la vitalità delle cellule, ne aumentano la morte e inducono la formazione di radicali liberi.
Per descrivere al meglio anche l’effetto delle nanoplastiche a livello molecolare, infine, è stato analizzato l’impatto sull’espressione di geni coinvolti nel mantenimento della massa ossea: il team di ricerca ha trovato un coinvolgimento di geni relativi all’innesco di processi infiammatori nei precursori degli osteoblasti e negli osteociti e un’induzione dei geni coinvolti nei processi differenziativi degli osteoclasti.
“Anche se saranno necessari ulteriori studi per delineare al meglio la complessa interrelazione tra nanoplastiche e rimodellamento osseo a livello della salute umana, questo studio ci permette di iniziare ad esplorare nuovi orizzonti inerenti ai contaminanti ambientali e al loro impatto sull’uomo”, conclude Lavinia Casati.