Già da qualche anno si vociferava su un’inversione di tendenza del buco dell’ozono, ma le notizie, nonostante fossero beneauguranti, non venivano mai prese troppo sul serio. Ora invece secondo un recentissimo rapporto dell’ONU, entro il 2066 si potrebbe arrivare ad una sua chiusura. Il buco dell’ozono è stato causato principalmente dall’emissione di idrofluorocarburi ma soprattutto di clorofluorocarburi, che si trovano in bombolette spray, frigoriferi, isolanti in schiuma e condizionatori. Si tratta di sostanze chimiche dannose, messe al bando dal Trattato di Montreal del 1987 a cui hanno aderito diversi stati, grazie al quale ne è stata eliminata un’enorme quantità, circa il 99%.
Cos’è l’ozono e a cosa serve
L’ozono offre una protezione dai dannosi raggi ultravioletti che provocano rischi sanitari in molte popolazioni mondiali, rischiando di causare bruciature o anche cancri alla pelle e cataratte. Il buco dell’ozono contribuisce inoltre a far aumentare la temperatura media sulla Terra, anche se non è considerata l’unica causa del riscaldamento globale dalla comunità scientifica.
Le possibili conseguenze
Se il trend sarà confermato la chiusura del buco dell’ozono dovrebbe completarsi entro il 2066 per tornare nelle condizioni in cui si trovava fino al 1980. Secondo il geologo e divulgatore scientifico Mario Tozzi, gli effetti saranno due. “Quella concreta è che avremo una diminuzione dei casi di tumore della pelle, che erano aumentati moltissimo soprattutto nell’emisfero australe, e registreremo meno estinzioni di anfibi, che sono gli animali con l’epidermide più delicata. Un’altra conseguenza simbolica ma importante è che questo è stato un problema transnazionale determinato dalle nostre attività produttive che non ha avuto confini per definizione, esattamente come il clima, su cui c’è una grande resistenza a fare cambiamenti”.