Malattia di Parkinson: principali caratteristiche

La malattia di Parkinson, così chiamata perché descritta per la prima volta da James Parkinson nel 1817, è la seconda patologia neurodegenerativa più diffusa al mondo dopo la malattia di Alzheimer. Su 100.000 persone, sono 120-180 i soggetti che ne sono affetti. L’età media in cui si riceve la diagnosi è intorno ai 58-60 anni, con un’aspettativa di vita che non si discosta in modo significativo da quella di persone che non hanno il Parkinson. Circa il 5% dei pazienti scopre di avere la patologia tra i 20 e i 40 anni; in questi casi si parla di esordio giovanile. A prescindere dall’età di esordio, ci sono sintomi che rappresentano campanelli d’allarme per una diagnosi precoce?

Malattia di Parkinson: quali sono i sintomi e quali visite per ricevere una diagnosi?

Essendo la malattia di Parkinson una sindrome extrapiramidale, questa interessa principalmente abilità legate alla sfera motoria. Si manifestano tremori durante lo stato di riposo, che possono aumentare in caso di ansia. Si associano difficoltà ad iniziare i movimenti e a mantenere l’equilibrio. Talvolta, si presenta una lentezza nel parlare e nell’articolare parole e discorsi, che rende poco intellegibile la comunicazione. Si può ottenere una diagnosi certa solo con l’analisi post mortem del cervello, che presenta degenerazione neuronale a livello della substantia nigra. Parlando, però, di diagnosi probabile, quest’ultima si basa, in prima battuta sulla storia clinica della persona, e sull’esame neurologico. In seguito, si passa ad esami di tipo strumentali, come la SPECT e la RMN.

Malattia di Parkinson: sintomi cognitivi e trattamenti non farmacologici

Partendo dal presupposto che è compito del neurologo prescrivere un’adeguata terapia farmacologica per gestire la sintomatologia legata alla malattia di Parkinson, esistono anche trattamenti non farmacologici che hanno obbiettivi specifici. Se si pensa, ad esempio ai sintomi cognitivi che il Parkinson comporta, si può fare riferimento ad approcci terapeutici innovativi ed in continua evoluzione. Diversi studi sono concordi nell’affermare che la danza, con marce ritmate, promuove il miglioramento delle flessibilità, dell’equilibrio, e della mobilità.

In generale, gli stimoli sonori migliorano le capacità cognitive, spesso compromesse nella componente spaziale, sia relativa alla memoria che alla percezione. Inoltre, alle difficoltà visuo-spaziale si affianca un franco rallentamento psico-motorio, che si ripercuote sulla vita del paziente in modo significativo. Per fronteggiare anche l’impatto stressante che questi sintomi hanno, sono spesso utilizzate metodiche riabilitative di stampo neuropsicologico (training) e cognitivo comportamentale (meditazione profonda). Ad oggi, non si hanno risultati definitori, ma sono comunque promettenti, per incrementare il benessere delle persone con Parkinson e dei loro caregivers.

A cura della Dott.ssa Serena Tagliente

Psicologa formata in Neuropsicologia clinica

demenza - articolo serena tagliente
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