Nell’esperienza infantile per ognuno di noi probabilmente c’è stato un oggetto, paragonabile alla copertina di Linus, da cui siamo stati inseparabili.

È un’esperienza psicologicamente significativa, un traghetto importante nell’esplorazione della realtà.

Senza attribuire rigidamente stereotipi di genere, ma lasciando aperta l’espressione della soggettività, possiamo riconoscere che per molte bambine c’ è quel bambolotto speciale e unico con cui si crea un legame di esclusività.

Ciò non significa che non possa avvenire anche per un bambino o che al contrario, una bambina non possa preferire altri giochi, né che sia una rigida anticipazione del ruolo materno, che potrebbe anche non esserci nella vita adulta di una donna, senza che ciò corrisponda ad un vissuto di incompletezza, anzi, sovente è una coraggiosa scelta di consapevolezza.

Chiariti i margini equivocabili, ci sintonizzeremo ora sull’importanza psicologica ed emotiva di quel legame, spesso sottovalutato, con la propria bambola del cuore.

“Prendendomi cura di te mi prendo cura di me”

La bambola è un oggetto proiettivo e transazionale: su di essa si proiettano inconsapevolmente i propri sentimenti e attraverso essa ci si rapporta con la realtà esterna.

È quell’oggetto che allieva il graduale distacco dalla figura di accudimento primaria e aiuta i bambini a sentire maggiore sicurezza e fiducia in sé stessi e verso l’esterno.

La relazione con la bambola supporta i bambini in diversi aspetti:

  • Nella scoperta dei sentimenti.
  • Nell’esplorazione dell’ambiente.
  • Nel relazionarsi con gli altri.
  • Nella conoscenza di sé.
  • Nel mediare emozioni e sentimenti difficili, come l’ansia, la paura e la solitudine.
  • Nell’imparare a prendersi cura.

È quindi fondamentale che gli adulti valorizzino quel rapporto esclusivo, rispettando il confine designato dai bambini, e accogliendo il loro tempo di crescita e di cambiamento.

“La bambola in stanza di psicoterapia: una co-terapeuta speciale”

Durante la mia formazione professionale in psicoterapia sistemico relazionale ho appreso una premessa indispensabile del mio mestiere: per essere degli psicoterapeuti “sufficientemente bravi” non bisogna mai smettere di sapere giocare.

Il gioco è una dimensione fondamentale anche in età adulta, permette di muovere il pensiero, di contattare le emozioni, di acquisire nuove prospettive di comprensione della realtà.

L’utilizzo di oggetti metaforici, tra cui la bambola, in alcune sedute di psicoterapia sono un valido aiuto, creano connessione tra psicoterapeuta e paziente, ma anche tra i membri di una famiglia, se ad esempio è una seduta di psicoterapia familiare.

L’utilizzo della bambola non è solo rivolto ai bambini, ma anche agli adulti.

Ciò permette di aiutare la persona a recuperare ricordi, a risvegliare quella parte infantile sempre presente ma spesso sommersa che chiede di essere ascoltata e riconosciuta per dare un senso all’adulto che si è diventati.

La psicoterapia ha luogo là dove si sovrappongono due aree di gioco, quella del paziente e quella del terapeuta. La psicoterapia ha a che fare con due persone che giocano insieme. (Winnicott)”

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Dott.ssa Giulia Gregorini, Psicologa e Psicoterapeuta

Articolo a cura della Dott.ssa Giulia Gregorini
(Psicologa – Psicoterapeuta)