Non si può comprendere il comportamento del singolo individuo e delle masse senza considerare la cornice contestuale.

Viviamo in una “era digitale”, che coinvolge tutte le generazioni, seppur con impatti e modalità differenti. Numerosi studi si sono occupati di approfondire le caratteristiche e le evoluzioni transgenerazionali (Generazione Zeta e Generazione Apha), i rischi connessi ad un utilizzo precoce e non supervisionato dei dispositivi tecnologici e il rapporto delle persone con il digitale e con il virtuale. Questo breve articolo divulgativo si propone di accompagnare le persone ad intercettare precocemente i segnali di rischio che possono esacerbarsi e degenerare in disfunzionalità e patologie.

<A portata di un click >

 Il digitale e il virtuale hanno permeato il modo di vivere e comunicare.

È più comune apprendere le notizie di cronaca dal web che da un telegiornale, è più frequente parlare con un amico su WhatsApp che attraverso una telefonata o un davanti ad un caffè. Sono constatazioni immediate e banali che non comportano un giudizio negativo. Non si può decretare un meglio ed un peggio assoluto tra un prima e un dopo ma è opportuno attenzionare alcuni aspetti. La tecnologia, il digitale e il virtuale sono macro contenitori che comprendono diverse realtà: giochi; shopping; social network; chat ecc.. La diffusione della pandemia Covid 19 ha fatto emergere incisivamente le risorse della tecnologia e del digitale, hanno reso possibile la continuità e la produttività; hanno garantito la rapidità  dei tempi di comunicazione; hanno facilitato le relazioni. È fondamentale acquisire una premessa: la digitalizzazione permea incisivamente l’identità, le abitudini, il lavoro, le relazioni e l’informazione. Occorre, nel parlare di identità, introdurre una differenza non sempre nota: con “identità virtuale” si intende un profilo potenziale, immaginario che non possiede una manifestazione concreta. “L’identità digitale” corrisponde invece alla traccia dell’utilizzo di siti internet, App., Social network ecc. che una persona fa, registrando i propri dati in un sistema informativo. I social network hanno incrementato incisivamente la “popolazione” delle identità digitali.

<Dietro lo schermo>

 Trascorrere molte ore della propria giornata “Online” non significa che non esista un “Offline”.

Alcune delle tante implicazioni che possono interessare la dimensione psicologica in relazione alla digitalizzazione e al virtuale riguardano:

  • La Fluidità: la concezione spazio temporale e i confini appaiono rivoluzionati e talvolta eccessivamente sfumati. Può vacillare la percezione di un confine chiaro tra l’online e l’offline.
  • L’Intimità: gli schermi consentono l’iperconnessione ma possono impedire la possibilità di intimità, che può fare molta paura, seppur desiderata.
  • Il Corpo: è interessante il paradosso per cui trionfa l’esposizione del corpo sul web ma nella navigazione, nel dialogo online, si è “senza corpo”.
  • La Relazione: essere “senza corpo” significa che nelle connessioni vengono meno dei pilastri del contatto umano, della condivisione: i sensi, la vista, l’olfatto, il tatto ecc.. La costruzione di una relazione richiede conoscenza, gradualità, impegno, continuità, mediazione, coinvolgimento.
  • Il Desiderio: l’immediatezza del click può apparentemente soddisfare ogni desiderio ma sotterraneamente può esserne una profonda privazione. Il desiderio contempla la mancanza, l’attesa, la frustrazione, quelle scintille vitali in cui matura e si evolve la ricerca dentro e fuori di Sé, il senso di autoefficacia e autodeterminazione.

 <Campanelli d’allarme>

 È la soggettività, l’unicità della persona, la premessa indispensabile per comprendere il rapporto uomo – internet.

Anche quando si struttura un uso disfunzionale e potenzialmente patologico degli strumenti tecnologici e del web, occorre comprendere quali sono le cause sommerse dal sintomo. Esiste una multifattorialità da rintracciare nell’interazione tra fattori individuali, familiari, contestuali, ambientali, esperienze pregresse, fase del ciclo di vita. Le dipendenze patologiche, oltre a costituire l’espressione di difficoltà nell’autoregolazione emotiva e comportamentale della persona, possono sottendere la  presenza di tratti di vulnerabilità, note ansioso – depressive; disturbi di personalità; disregolazione del tono dell’umore ed altre fragilità. Inoltre, la dipendenza patologica, spesso, nasce come tentativo disfunzionale di “autocura”, come ricerca di esperienza compensativa in assenza di esperienze di dipendenze sane e necessarie in età infantile.

Relativamente al web è importante richiedere un aiuto specialistico quando:

  • L’utilizzo di internet provoca preoccupazione e inquietudine;
  • Si percepisce la necessità di aumentare il tempo di navigazione online per raggiungere lo stesso grado di soddisfazione precedente;
  • Si effettuano ripetuti sforzi infruttuosi di limitare l’utilizzo di internet;
  • Si sperimenta irritabilità e tensione emotiva se viene limitato l’uso di internet;
  • Si rilevano compromissioni a causa dell’utilizzo di internet sulle relazioni, sul lavoro, sulle attività quotidiane;
  • Si dicono bugie per camuffare il reale utilizzo di internet;
  • Si utilizza internet come strumento di compensazione emotiva, come tentativo di alleviare vissuti di solitudine, vuoto e umore deflesso.

 È fondamentale connettere il rapporto della persona con internet alla sua realtà complessiva. Quando l’utilizzo di internet diventa pervasivo, rigido e incontrollabile e si assiste ad un isolamento relazionale, al peggioramento dell’umore, ad una graduale alienazione, è fondamentale richiedere un aiuto specialistico. L’intervento precoce previene l’esacerbazione del disagio e aumenta le possibilità di efficacia del trattamento.

 

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A cura della Dott.ssa Giulia Gregorini

Psicologa – Psicoterapeuta