“Dimmi cos’è che ci fa sentire amici anche se non ci conosciamo” canta Antonello Venditti nello storico brano “Grazie Roma”, individuando un senso di unione unico che prescinde dalla conoscenza, che pervade incisivamente gli spalti degli stadi.
La passione per il calcio, il tifo per la propria squadra del cuore coinvolgono un pubblico ampio ed eterogeneo. Uomini e donne, giovani, adulti e anziani, persone di diverso status socio-culturale e provenienza geografica, accomunati dal trasporto fisico ed emotivo nel sostenere la propria squadra.
Il coinvolgimento non dura solo i 90 minuti della partita, ma colora le giornate del tifoso. Talvolta influenzandone anche gli umori e gli stati d’animo.
Una passione senza età
Esistono modalità soggettive nel vivere la passione calcistica, che prevedono intensità e pervasività differenti. In questa sede faremo luce su alcuni aspetti psicologici che possono riguardare trasversalmente l’esperienza comune.
Cosa regala la squadra del cuore, oltre ad emozioni e turbamenti connessi all’esito della partita?
- Uno spazio personale strutturato. Per molti, la partita di campionato costituisce un appuntamento settimanale fisso, che garantisce un momento per sé, di evasione dalle tensioni quotidiane.
- Un legame familiare transgenerazionale. Spesso il tifo per una squadra si tramanda da una generazione all’altra nella storia familiare, rappresentando una speciale “eredità affettiva”.
- Il bisogno di esprimere la parte più infantile di sé. In ognuno di noi vive una parte meno sovrastrutturata, più infantile, che richiede di essere riconosciuta. Nel tifo si può individuare un canale espressivo di gioco, la ricerca di consolazione alle proprie frustrazioni e mancanze.
- Un’ occasione di incontro con i propri affetti. La passione calcistica può svolgere una funzione relazionale, favorire momenti di condivisione e convivialità.
- Infine, protagonista assoluto è il senso di appartenenza, che l’amore per la propria squadra dona e nutre.
Una metafora della vita
Come per ogni esperienza, è importante riconoscere gli eventuali elementi di rischio, gli eccessi che possono trasformare un’esperienza sana e vitale in una manifestazione potenzialmente nociva e patologica, che trova le sue radici più profonde negli aspetti di personalità del tifoso. Da ciò, infatti, possono derivare condotte devianti, connesse solo apparentemente a ragioni calcistiche, ma che in realtà sono manifestazione di disagi più profondi.
Il perimetro del campo da calcio diviene, quindi, un importante schermo proiettivo delle proprie emozioni più profonde, un canale di incontro con l’altro, un momento distensivo, ma non solo. Diventa anche un’occasione di divertimento, una fonte di adrenalina che non deve mai sfociare in espressioni violente, ma mantenere piuttosto la propria preziosa vitalità, la quale non può prescindere dal senso di umanità e dal rispetto di sé e dell’altro.
Dott.ssa Giulia Gregorini, Psicologa e Psicoterapeuta
Articolo cura della Dott.ssa Giulia Gregorini
(Psicologa – Psicoterapeuta)