Il dialogo tra corpo e mente

Fin da quando nasciamo e veniamo  presi in braccio, cullati, allattati, siamo costantemente influenzati dagli atteggiamenti che gli altri hanno verso il nostro corpo. Questi vanno a determinare i valori positivi o negativi attraverso i quali connotiamo la percezione di noi stessi. Il nostro corpo “tiene il conto” di tutte le esperienze che facciamo e, proprio per questo, l’esperienza corporea va a costituire l’elemento fondamentale nella costruzione della nostra identità.
A come noi ci percepiamo nel mondo e alle valutazioni che abbiamo ricevuto fin dall’infanzia, sarà legata la nostra autostima, ovvero la “stima” che proviamo verso noi stessi. Se ho avuto dei genitori capaci di confermare un’immagine positiva di me, imparerò ad accettarmi per come sono, penserò di essere una persona valida e amabile, mi sentirò quindi a mio agio nei miei panni. L’identità corporea è ciò che ci rende unici ed irripetibili come individui, ciò che consente agli altri  “a prima vista” di non confonderci con nessun altro al mondo. Il nostro corpo è lo strumento attraverso il quale prendiamo coscienza di noi stessi e della relazione con gli altri, mezzo mediante il quale conosciamo il mondo, scambiamo affetto, proviamo piacere e sentiamo dolore.
Il corpo è identità e mantiene, nei vari distretti corporei, tutte le memorie emotive connesse con le nostro esperienze passate, positive o traumatiche. In maniera più o meno consapevole, utilizziamo il corpo per presentarci e per definirci.
Alla luce di tutto ciò, i cambiamenti fisici, anche quelli del tutto naturali e fisiologici, facciamo spesso fatica ad accettarli. Pensiamo a come si modifica il corpo nel corso della prepubertà, durante la gravidanza oppure con il procedere dell’età e l’emergere delle rughe.

Ma perché è così difficile accettare che il nostro corpo si modifica?

Perché quel cambiamento fa vacillare in qualche modo la nostra identità.
Sì, perché ogni individuo è un’unità indissolubile di mente e corpo, e questo possiamo comprenderlo bene se pensiamo alle emozioni. Queste sono presenti e agiscono tanto nella mente, quanto nel corpo. Le emozioni possono infatti compromettere alcune funzioni corporee, pensiamo ad esempio alla frequenza cardiaca, alla pressione arteriosa, alla sudorazione o al sonno. Quando siamo nervosi, ansiosi, sotto stress, tutti questi aspetti possono subire delle alterazioni. Si parla in questi casi di Psicosomatica, branca della psicopatologia che si occupa di malattie corporee che potrebbero essere collegate proprio ad emozioni non elaborate, alla psiche. L’apparato digerente, per esempio, è profondamente controllato dalla mente, così come l’Intestino, che viene ormai paragonato ad un “secondo cervello”. Pensiamo a quanto tutte le patologie ad essi correlate, come il colon irritabile o il reflusso gastro-esofageo per citarne alcune, siano influenzate dagli stati d’ansia, da emozioni intense come la rabbia o la paura.

Il binomio corpo-mente

Inoltre l’interazione mente-corpo è bidirezionale. Cioè non solo i fattori psicologici possono contribuire all’insorgenza di una vasta gamma di disturbi fisici, ma anche le patologie organiche possono influire sul pensiero o sull’umore della persona. Nei soggetti con patologie potenzialmente letali, ricorrenti o croniche, è molto probabile notare un tono dell’umore depresso per esempio.
In quest’ottica capiamo quanto sia fondamentale una presa in carico globale della persona con patologia e, dunque, la collaborazione tra figure professionali che si occupano del corpo, quanto della mente. Per troppo tempo la salute fisica è stata considerata prioritari rispetto a quella psicologica, ma oggi sappiamo che una è impossibile da raggiungere, senza l’altra.
In tutto ciò l’aspetto relazionale costituisce un importantissimo fattore protettivo o di rischio nell’insorgenza della patologia e quindi nell’alterazione del benessere personale.
Gli studi sulle dinamiche familiari hanno dimostrato quanto queste influenzino l’emergere o il mantenimento di disfunzioni che si riflettono in un corpo malato, come ad esempio succede nell’ambito dei disturbi del comportamento alimentare. Le persone che, per varie ragioni, sviluppano un rapporto alterato con la propria immagine, vivono in uno stato perenne di insoddisfazione e pensano che l’unico modo per migliorare sia quello di modificare la loro apparenza: dieta ferrea, attività fisica eccessiva e, in alcuni casi, chirurgia plastica. In realtà questo è solo un circolo vizioso, una gabbia in cui si resta intrappolati, che non permette di guardarsi alla specchio, amandosi nelle proprie imperfezioni ed unicità. Questo passaggio risulta invece fondamentale per raggiungere un senso interiore di serenità e di benessere.

A cura della Dott.ssa Martina Mauti
Psicologa e Psicoterapeuta

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