Disturbi mentali, dipendenze, violenza. I temi sociali sono stati spesso protagonisti del Festival di Sanremo, che domani sera decreterà il 71esimo vincitore. Sul palco di un Teatro Ariston senza pubblico, a causa della pandemia da Covid19, è ancora una volta Amadeus a condurre la kermesse canora.
Gli artisti che si sono alternati sul palcoscenico negli anni hanno cantato ogni forma di amore, finendo ad affrontare spesso temi sociali, dalla droga alle ragazze madri, dalle malattie mentali alla violenza di genere.
In attesa di scoprire il vincitore di quest’anno, tra talenti ormai consacrati della musica italiana e nuove giovani proposte, ricordiamo 5 momenti speciali nella storia del Festival di Sanremo.
1. Una rosa per le malattie mentali
Era il 2007 quando Simone Cristicchi si presentava in gara con il brano intitolato “Ti regalerò una rosa”. Il protagonista della canzone è Antonio, ricoverato in una struttura psichiatrica in un tempo (non così lontano) in cui questi istituti venivano chiamati “manicomi”. Antonio scrive una lettera in cui racconta la difficile condizione di coloro che soffrono di malattie mentali, prima di dare il suo addio alla vita terrena.
Ecco un toccante passaggio:
“…Mi chiamo Antonio e sto sul tetto. Cara Margherita sono vent’anni che ti aspetto. I matti siamo noi quando nessuno ci capisce. Quando pure il tuo migliore amico ti tradisce. Ti lascio questa lettera, adesso devo andare…”
2. “Per Elisa” contro la tossicodipendenza?
Una donna che parla ad un uomo. Il brano del 1981 è cantato da Alice, nome d’arte di Carla Bissi, scritto in collaborazione con Franco Battiato e Giusto Pio. Sul suo significato esistono versioni diverse: per molto tempo la canzone è stata considerata un inno della lotta alla tossicodipendenza. Gli autori non hanno mai confermato questa tesi, ma per molti l’Elisa del brano simboleggerebbe l’eroina, una droga che in quel periodo mieteva numerosissime vittime nel nostro paese.
Ecco alcuni versi:
“…Vivere vivere vivere non è più vivere, Lei ti ha plagiato, ti ha preso anche la dignità. Fingere fingere fingere non sai più fingere senza di lei, senza di lei ti manca l’aria…”
3. Violenza in famiglia
Nel 2017 Ermal Meta dà voce ad una drammatica piaga del nostro tempo: la violenza fra le mura domestiche. A parlare, all’inizio della canzone intitolata “Vietato morire”, è un bambino vittima, insieme alla madre, di maltrattamenti e abusi da parte del padre. Il brano è un grido di speranza: con il verso “Ricorda di disobbedire perché è vietato morire”, il cantante albanese suggerisce che reagire alle violenze è l’unica via per salvarsi.
Un estratto del testo
“…Ricordo quegli occhi pieni di vita e il tuo sorriso ferito dai pugni in faccia. Ricordo la notte con poche luci, ma almeno là fuori non c’erano i lupi. Ricordo il primo giorno di scuola, 29 bambini e la maestra Margherita: tutti mi chiedevano in coro come mai avessi un occhio nero…”
4. Marco Masini contro la droga
“Perché lo fai” è un celebre brano del 1991, un disperato appello nei confronti di una ragazza tossicodipendente, affinché smetta di fare uso di droghe. Masini si riferisce alla droga etichettandola con il titolo di “veleno”, sottolineando come sia complicato e doloroso uscire da una condizione di dipendenza dalle sostanze stupefacenti.
Le parole della canzone:
“… Con questi occhi un po’ fanciulli e un po’ marinai per una dose di veleno che poi dentro di te non basta mai. Con le tue mani da violino, perché lo fai tu che sei rosa di giardino dentro di me come un gattino sopra un tetto di guai dimmi perché, perché lo fai…”
5. Una speranza per i malati di SLA
É affetto da Sclerosi Laterale Amiotrofica e per esprimersi usa un riproduttore vocale, eppure Paolo Palumbo ha voluto portare all’Ariston le sue rime in salsa rap. Ventiduenne originario di Oristano, si è esibito durante la seconda serata della settantesima edizione del Festival di Sanremo con la sua “Io sono Paolo”, un messaggio di speranza per i malati di tutto il mondo. Guarda il video.
Un estratto:
“…Nella vita di ognuno di noi c’è un sogno da realizzare. Dicono per ottenere ciò che vuoi devi lottare. Non me la sento proprio di lasciarmi andare, perché se esiste una speranza ci voglio provare. Mi chiamo Paolo ed ho 22 anni ed ho la SLA. L‘ho scoperto quattro anni fa. Mi ha levato tutto tranne la vitalità…”
Infine, non ha cantato ma vale la pena ricordarla: la giornalista palestinese Rula Jebreal a Sanremo 2020 ha proposto un durissimo monologo sul femminicidio (VIDEO). Ha raccontato la drammatica storia di sua madre, morta suicida per gli abusi subiti in adolescenza, dando voce al dolore e alle ferite profonde che certi maltrattamenti causano, indelebili.
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