“Prima il dovere e poi il piacere” è un detto conosciuto e spesso utilizzato per sollecitare il senso di responsabilità, il rigore, la buona condotta. Il rischio è quello di percepire il dovere e il piacere come due polarità contrapposte. Non è propriamente cosi: per un buon equilibrio psicologico è importante che dovere e piacere siano due dimensioni compresenti ed integrate. Scopriamo insieme, attraverso brevi input di riflessione quali sono gli aspetti più rilevanti nel determinare il rapporto di una persona con il dovere e il piacere, pur senza dimenticare l’imprescindibile soggettività e singolarità di ogni condizione.
Individuo e Ambiente: il puzzle dell’unicità
Esiste una multifattorialità nel determinare i fenomeni psichici. Ogni individuo ha una capacità di autodeterminazione nella propria vita e possiede un ruolo attivo per poter incidere sulla realtà. Evidentemente ciò non significa che si ha il potere di essere onnipotenti, ma è importante non percepirsi impotenti. È auspicabile raggiungere un senso di Responsabilità Soggettiva, intesa come consapevolezza di sé, dei propri limiti e risorse. La persona è in interazione bidirezionale e reciproca con l’ambiente, in primis familiare. Per comprendere un comportamento non si può non considerare la cornice socioculturale di riferimento. La polarizzazione sulla dimensione del dovere o del piacere, può essere riconducibile a più fattori interagenti, tra cui: l’educazione ricevuta; la percezione di Sé; il grado di maturità emotiva; aspetti intrapsichici inconsci. Ad esempio, dal punto di vista relazionale è probabile che una donna che abbia un senso del dovere molto sviluppato e una difficoltà nel concedersi il piacere possa avere un trascorso di figlia da “brava bambina”, di colei che ha sentito che doveva essere composta, educata e buona per essere amata. Al contrario, una persona che sperimenta apparentemente senza freni il piacere ed ha difficoltà ad avere il senso del dovere può sottendere una scarsa autostima. Un giovane che non riesce a portare a compimento né lo studio, né un impegno lavorativo, ad esempio, ma trascorre allegre serate e vivaci vacanze può essere un figlio che si è sentito svalutato, che non ha percepito fiducia nei propri riguardi e che non ha maturato un senso di autostima ed autoefficacia. L’ assunzione di responsabilità diviene quindi difficile da raggiungere, restando in una posizione di dipendenza dalla famiglia d’origine. Vi sono persone che vivono entrambi le dimensioni, dovete e piacere, come due aspetti scomodizzati, come se avvenisse uno sdoppiamento e anche la persona fosse protagonista di una scissione, di un dualismo. Per vivere con maggiore autenticità e consapevolezza sia il dovere che il piacere occorre una profonda integrazione.
Il conflitto tra dovere e piacere
È rischioso vivere dovere e piacere come due aspetti in opposizione. Ciò può contribuire a provocare effetti disfunzionali, tra cui: non valorizzare il momento presente; sovraccaricarsi di impegni; idealizzare il piacere restandone delusi; sviluppare somatizzazioni corporee e disagi nel sonno e nel rapporto con il cibo. La concezione dualistica rimanda ad un arcaico conflitto interno che la persona può sperimentare. Un conflitto che se focalizzato su due poli cristallizzati ed estremizzati sarà irrisolvibile. Il dovere sarà associato inevitabilmente alla frustrazione e il piacere al rimpianto, al senso di colpa. È necessario ampliare il significato di dovere e piacere. Il piacere non si riferisce solo alle immagine canoniche di divertimento, sesso e cibo, euforia ed eccitazione ma comprende la modalità e la partecipazione con cui la persona svolge e vive le esperienze. Esistono diversi gradi di piacere, che erroneamente tende ad essere connesso agli eccessi. Il dovere può contenere piacevolezza, soddisfazione, realizzazione. Il dovere non è solo alienante e il piacere non è solo eccitante ma esiste un continuum su cui si sviluppano entrambe le aree. Superare il dualismo significa poter vivere una densa giornata lavorativa con piacere, oltre alla stanchezza, senza attendere un inesistente futuro paradisiaco ma potendo godere di un successo professionale, del rientro a casa, del qui ed ora, sentendosi vivi.
Diritto alla soggettività
Il mondo psichico anela alla totalità e all’integrazione. La psicoterapia accompagna la persona in un viaggio di consapevolezza di sé, sostenendola verso il diritto di espressione della propria soggettività. Si tratta di attraversare il ponte invisibile dal “dover essere” al “poter essere”. Il rapporto con e tra il dovere e il piacere richiede di essere scoperto, significato e rimodulato alla luce dell’unicità della persona verso la possibilità di sentire il diritto alla vita.
Dott.ssa Giulia Gregorini
Psicologa – Psicoterapeuta