Il XXI secolo è sempre più l’epoca degli iperconnessi, a maggior ragione dopo l’avvento della pandemia. Ma quante ore, ogni giorno, passiamo al cellulare? Sicuramente più di quante dovremmo.

Un problema sempre più attuale, in cui si passano giornate intere a condividere foto, stati d’animo e notizie, con il rischio di perdere il contatto con la realtà. Una situazione comune a molti, che spesso può sfociare in una vera e propria malattia: la nomofobia.

La nomofobia è la paura di restare sconnessi, senza poter accedere alla rete tramite cellulare. Stando alle statistiche, si tratta della decima fobia tra quelle classificate come più strane è la paura del nostro secolo.

Nomofobia: la paura di rimanere disconnessi

Con il Covid le interazioni sociali si sono sempre più ridotte all’osso, e solo grazie alla tecnologia è stato possibile non estinguerle totalmente. Anche in questi casi, però, il troppo stroppia, e l’abuso può causare alienazione e problemi di socializzazione dai risvolti sempre più preoccupanti. Soprattutto tra i giovani.

È in questo scenario che si inserisce la nomofobia, un acronimo tratto dall’inglese “No Mobile Phone Phobia”, definizione coniata nel 2008. Una paura figlia dei nostri tempi, che non riguarda tanto l’oggetto in sé, ma la disconnessione, la mancanza di collegamento alla rete, anche momentaneo. Un’importante fonte di ansia, che in casi gravi, può anche dar vita pensieri suicidi.

La nomofobia causa una serie di sentimenti negativi che portano le persone a sentirsi isolate dal mondo, a provare uno stato di solitudine. Non a caso, tra i sintomi principali di questa particolare fobia troviamo anche tachicardia, eccessiva sudorazione, paura dell’isolamento, disorientamento, tremori e paura di morire.

Ma come si comporta chi soffre di nomofobia?

Non tutti coloro che fanno uso regolare del cellulare soffrono di nomofobia, ma sicuramente questo può essere un segnala di allarme importante. Trascorrere molto tempo con lo smartphone in mano, in maniera quasi morbosa, non riuscendo a separarsi dal caricabatteria e tenendo strettamente sotto controllo il credito, ancora di più.

Chi soffre di questa particolare fobia contemporanea vive dei veri e propri momenti di ansia e nervosismo al solo pensiero di perdere cellulare e PC, di cui monitora costantemente lo schermo e tutte le sue icone e notifiche. Ma non solo: anche andare a dormire tenendo cellulare o tablet a letto, usare lo smartphone in posti poco pertinenti e vivere una vera e propria gelosia nei confronti dei propri devices indica, nella maggior parte dei casi, una condizione patologica vera e propria.

Il trattamento della nomofobia

Per i soggetti affetti da nomofobia diventa fondamentale ristabilire il contatto con il mondo reale, cercando di ripristinare interazioni interpersonali nella vita reale e limitando quelle “virtuali”.

La complessità di tale condizione e le preoccupanti dimensioni che sta assumendo la rende, al giorno d’oggi, davvero preoccupante.

Ad oggi, purtroppo, non esiste ancora una terapia vera e propria, e i trattamenti sono ancora molto limitati. Essi, nel concreto, includono principalmente terapie di tipo cognitivo-comportamentale, molto utili nel rinforzare il comportamento autonomo indipendente dal rinforzo legato alla dipendenza tecnologica. Tutto questo, in alcuni casi, può essere combinato ad approcci di tipo psicofarmacologico.

Un’altra tecnica emergente è la cosiddetta “Terapia della Realtà”, in base alla quale viene suggerito al paziente di focalizzarsi su comportamenti che distraggono dall’impiego dello smartphone.